Meditazioni 24 ottobre 2016
Sentite che provocazione e che pace per il cuore riceviamo dalla condivisione di uno dei primi santi della Chiesa, sacerdote e dottore della Chiesa, il grande san Girolamo. Dopo la sua conversione, vivrà per ben 35 anni dentro una spelonca, accanto alla grotta della Natività, pregando, studiando, traducendo in latino la Bibbia, la famosa Vulgata. È lui stesso a raccontare che, in una notte di Natale, gli appare Gesù bambino chiedendogli: “Non hai niente da darmi nel giorno della mia nascita?”. E lui, preso da un’immensa trepidazione e commozione,gli risponde: “Ti do il mio cuore”. “Va bene – gli dice Gesù bambino – ma desidero ancora qualche altra cosa”. Allora Girolamo gli replica: “Ti do le mie preghiere”. “Va bene – risponde ancora Gesù – ma io voglio qualcosa di più”. Di fronte all’insistenza di Gesù,san Girolamo si arrende e addolorato gli dice: “Non ho più niente, che vuoi che ti dia?”. Cosa ci può essere di più grande per un uomo che dare il suo cuore, la sua vita, tutta la sua preghiera a Gesù!? E Gesù così gli risponde: “Dammi i tuoi peccati, dammi i tuoi peccati, o Girolamo, perché io possa avere la gioia di perdonarli ancora!”. È proprio tutta un’altra misura, una totalmente altra misura quella di Cristo, quella della sua iniziativa su di noi, quella del suo amore, della sua grazia, dell’opera della sua grazia sulla vita di ciascun uomo. “Dammi i tuoi peccati perché io possa avere la gioia di perdonarli ancora” (Nicolino Pompei, Ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
Pregando l’Ave Maria, che sempre ci fa chiedere alla Madonna di pregare per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte, chiediamo la grazia di riconoscerci peccatori. Affidiamo a Maria Santissima Nicolino, il Convegno che stiamo per vivere e tutte le persone che stiamo incontrando attraverso l’invito a questo luogo. Preghiamo particolarmente per Francesca e per Michela, di cui oggi è stato celebrato il funerale, e per le loro famiglie. Preghiamo per tutti i nostri cari malati e, accogliendo l’appello che il Papa ha rivolto all’Angelus di ieri ci uniamo alla sua preghiera per l’intera popolazione dell’Iraq ed in particolare di Mosul.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Un’ulteriore e struggente conferma ci viene da santa Faustina, che riporta nel suo diario ciò che Gesù le dice in una delle sue apparizioni: “Dammi i tuoi peccati perché io possa bruciarli nel fuoco del mio amore, avere la gioia di perdonarli e di stringerti al mio cuore”. È semplicemente l’amore inaudito di Dio, è la massima manifestazione dell’essere di Dio come misericordia. Ed è tutto quello per cui il Signore Gesù viene tra gli uomini, muore e risorge. È tutta la sua continua iniziativa di amore su di noi, che ha solo e semplicemente bisogno di incontrare ora la nostra miseria (Ibi).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Così la Santa Chiesa prega attraverso un prefazio della sua Liturgia: “… Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancora oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della sua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo figlio crocifisso e risorto”. Anche nella Liturgia Ambrosiana vi è un bellissimo prefazio che recita: “Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe, una misericordia più grande della nostra colpa. Così anche il peccato in virtù del tuo invincibile amore è servito a elevarci alla vita divina” (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Scrive ancora Ambrogio: “Anch’io ero piagato dalle passioni: ho trovato un medico che abita in cielo ed effonde la sua medicina sulla terra: egli solo può risanare le mie ferite, perché non ne ha di proprie. Egli solo può cancellare il dolore del cuore, il pallore dell’anima, poiché conosce i mali nascosti”. Per questo ci esorta a scoprire senza timore e reticenza le nostre ferite, il nostro umano ferito e debilitato dalla miseria e dal peccato: “Scopri al medico la tua ferita per poter guarire. Anche se non la mostri egli la conosce e tuttavia attende di sentire la sua voce”. Ecco l’unica condizione imprescindibile: mostrare la nostra ferita mortale perché Egli la possa guarire. Imprescindibile, non perché sia questa a porre e attivare la sua Misericordia, ma solo perché il suo Amore non è un Amore coercitivo, un Amore che vuole assoggettarci, ma un Amore assolutamente libero, gratuito e incondizionato: è Amore e basta (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
È un Amore che vuole solo e sempre attirarci al suo Amore liberamente e consapevolmente. Per questo non può che attendere – addirittura mendicare – l’apertura del cuore e il cedimento dell’umano, perché possa mostrarsi come l’unico “capace” di risanare l’umano ferito, malato e corrotto; l’unico “capace” di rianimare e rigenerare la vita. Afferma sant’Agostino: “Dio che ti ha fatto (creato) senza di te, non può salvarti senza di te” (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Anche sant’Ambrogio mostra la sua ammirata considerazione per la figura del malfattore crocifisso accanto Gesù. Afferma in un inno pasquale: “Agli smarriti Dio ridonò la fede; ridiede luce, con la vista, ai ciechi. Chi sarà ancora oppresso da timore dopo il perdono del ladro? Questi mutò la sua croce in un premio, Gesù acquistando con rapida fede (con la fede di un istante); così giustificato, arrivò primo nel regno di Dio. Persino gli angeli se ne stupiscono, contemplando lo strazio delle membra, e, tutto stringendosi a Cristo, il reo carpire la vita beata”. “Gesù acquistando con rapida fede”: vedete anche sant’Ambrogio parla della fede di un istante, una “rapida” fede, per ritrovarsi afferrati e stretti da Gesù, per guadagnare Gesù e lasciar guadagnare la nostra vita da Gesù (Ibi).