Meditazioni 23 dicembre 2013
In questi giorni, lo Spirito Santo ci muove a fare questa preghiera: “Vieni, Signore! Vieni!”. Tutti i giorni dell’Avvento abbiamo detto nel prefazio che noi, la Chiesa, come Maria, siamo vigilanti nell’attesa. E la vigilanza è la virtù del pellegrino. Noi tutti siamo pellegrini! E mi domando: siamo in attesa o siamo chiusi? Siamo vigilanti o siamo sicuri in un albergo, lungo il cammino e non vogliamo più andare avanti? Siamo pellegrini o siamo erranti? Per questo la Chiesa ci invita a pregare questo “Vieni!”, ad aprire la nostra anima e che la nostra anima sia, in questi giorni, vigilante nell’attesa. Vigilare! Cosa succede in noi se viene il Signore o se non viene? Se c’è posto per il Signore o c’è posto per feste, per fare spese, fare rumore… La nostra anima è aperta, com’è aperta la Santa Madre Chiesa e com’era aperta la Madonna? O la nostra anima è chiusa e abbiamo attaccato sulla porta un cartellino, molto educato, che dice: “Si prega di non disturbare!” […] Ci farà bene ripetere l’invocazione: “O saggezza, o chiave di Davide, o Re delle genti, vieni!”. Oggi occorre ripetere tante volte “Vieni!”, e cercare che la nostra anima non sia un’anima che dica: “’Do not disturb”. No! Che sia un’anima aperta, che sia un’anima grande, per ricevere il Signore in questi giorni e che incominci a sentire quello che domani nell’antifona ci dirà la Chiesa: “Sappiate che oggi viene il Signore! E domani vedrete la sua gloria!” (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta del 23.12.13).
…Invocazione allo Spirito Santo
Questa sera desideriamo pregare particolarmente per Domenico, di cui oggi è stato celebrato il funerale, e per la sua famiglia. Preghiamo anche per tutte le persone malate ed in particolare per Dorina, Filippo e Gino. Affidiamo alla Madonna tutti questi amici, ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’Angelo a Maria
Giuseppe e Maria vivevano a Nazareth; non abitavano ancora insieme, perché il matrimonio non era ancora compiuto. In quel frattempo, Maria, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo, divenne incinta per opera dello Spirito Santo. Quando Giuseppe si accorge di questo fatto, ne rimane sconcertato. Il Vangelo non spiega quali fossero i suoi pensieri, ma ci dice l’essenziale: egli cerca di fare la volontà di Dio ed è pronto alla rinuncia più radicale. Invece di difendersi e di far valere i propri diritti, Giuseppe sceglie una soluzione che per lui rappresenta un enorme sacrificio. E il Vangelo dice: “Poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto”. Questa breve frase riassume un vero e proprio dramma interiore, se pensiamo all’amore che Giuseppe aveva per Maria! Ma anche in una tale circostanza, Giuseppe intende fare la volontà di Dio e decide, sicuramente con gran dolore, di congedare Maria in segreto. Bisogna meditare su queste parole, per capire quale sia stata la prova che Giuseppe ha dovuto sostenere nei giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù. Una prova simile a quella del sacrificio di Abramo, quando Dio gli chiese il figlio Isacco: rinunciare alla cosa più preziosa, alla persona più amata. Ma, come nel caso di Abramo, il Signore interviene: ha trovato la fede che cercava e apre una via diversa, una via di amore e di felicità: “Giuseppe – gli dice – non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Questo Vangelo ci mostra tutta la grandezza d’animo di san Giuseppe. Egli stava seguendo un buon progetto di vita, ma Dio riservava per lui un altro disegno, una missione più grande. Giuseppe era un uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio, profondamente sensibile al suo segreto volere, un uomo attento ai messaggi che gli giungevano dal profondo del cuore e dall’alto. Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante, gli veniva presentata (Papa Francesco, Angelus del 22.12.13).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Tante volte, nella Bibbia, troviamo donne sterili alle quali il Signore fa il dono della vita […] Il Signore interviene nella vita di queste donne per dirci: “Io sono capace di dare vita”. Anche nei Profeti c’è l’immagine del deserto, la terra deserta incapace di far crescere un albero, un frutto, di far germogliare qualcosa. “Ma il deserto sarà come una foresta – dicono i Profeti – sarà grande, fiorirà”. Ma il deserto può fiorire? Sì. La donna sterile può dare vita? Sì. Quella promessa del Signore: “Io posso! Io posso dalla secchezza, dalla secchezza vostra, far crescere la vita, la salvezza! Io posso dall’aridità far crescere i frutti!”. E la salvezza è proprio questo: è l’intervento di Dio che ci fa fecondi, che ci dà la capacità di dare vita. Noi non possiamo farlo da noi soli (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta del 19.12.13).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. Egli è il Dio-con-noi; Gesù è Dio-con-noi. Credete questo voi? Facciamo insieme questa professione: Gesù è Dio-con-noi! Gesù è Dio-con noi da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia. Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati (Papa Francesco, Udienza del 18.12.13).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Se nel Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero, significa che per essere simili a Lui noi non dobbiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci, metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Se Dio, per mezzo di Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare come uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremo fatto a un fratello o a una sorella l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù: chi avrà nutrito, accolto, visitato, amato uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli uomini, avrà fatto ciò al Figlio di Dio. Affidiamoci alla materna intercessione di Maria, Madre di Gesù e nostra, perché ci aiuti in questo Santo Natale, ormai vicino, a riconoscere nel volto del nostro prossimo, specialmente delle persone più deboli ed emarginate, l’immagine del Figlio di Dio fatto uomo (Ibi).