Meditazioni 22 febbraio 2016
Festa della Cattedra di San Pietro
Signore, il mio cuore è così assetato e affamato di te che arde dal desiderio di incontrarti, di lasciarsi incontrare e amare da te, perché ti possa amare dentro ogni cosa e sopra ogni cosa. E come i discepoli di Emmaus ti supplichiamo: resta con noi Signore perché si fa sera, resta con noi Signore perché la notte scende oscura, le tenebre si infittiscono e ci fanno paura. Io lo so che tu sei sempre con me, ma ho bisogno di domandartelo lo stesso, di gridartelo adesso: resta con me Signore, non mi lasciare mai. Mi sorge spontaneo e irrefrenabile dal cuore come quando l’amato lo dice alla sua amata: resta con me. Come quando il bambino lo dice alla sua mamma: resta con me, perché tu sei tutto quello che mi costituisce e mi rende capace di camminare nella vita anche dentro la notte più buia. “Resta con noi Signore, noi ti preghiamo, al mondo errante dona pace e amore. Senza di te il viver nostro è vano (è solo vacuità, tutto si polverizza prima o dopo senza di te; tutto quello che poniamo, che costruiamo con le nostre mani prima o dopo è solo polvere). Resta con noi, o Signore, l’oscura notte viene, sulla nostra vita scenda il tuo fulgore. Tu sei la luce: illumina il nostro cammino”. Resta con noi Signore, continua a camminare con noi, ad abbracciare e perdonare la nostra vita, a riprenderci sempre nel tuo amore e nella tua compagnia perché possiamo camminare con te. “Quando la sera scende oscura sul cuor che s’impaura mi guidi sempre la fede più presso a te. È il grido del mio cuore che tu lo possa ascoltare o Dio!”. Più presso a te io voglio restare e voglio vivere. Più presso a te voglio vivere tutto, tutto quello che sono chiamato a vivere e mi sarà dato di vivere […] Più presso a te, Signore: sia questa la nostra continua domanda, sia per questo il nostro cammino, la nostra amicizia, il nostro seguire. Perché dall’esperienza tangibile di una vita investita dalla tua Grazia, dall’operare della tua Grazia in noi, chiunque ci darai di incontrare possa sentirsi colpito e attratto da Te, fino a riconoscerti come unico Signore e Redentore (Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?).
Oggi, nella festa della Cattedra di San Pietro, preghiamo in modo particolare per il Santo Padre Francesco e con lui ringraziamo il Signore per il viaggio in Messico appena vissuto che Lui stesso ha definito come un’esperienza di trasfigurazione (cfr. Angelus del 21/02/16). Affidiamo alla Madonna Nicolino, preghiamo per tutte le persone malate ed in particolare per Adalgisa, Dante, Elena, Gabriele e Massimiliano. A Maria Santissima raccomandiamo anche il nostro carissimo Matteo e tutti i catecumeni.
O Dio, vieni a salvarmi!
Signore, vieni presto in mio aiuto!
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Giuda si reca dai capi del sinedrio per mercanteggiare e consegnare ad essi il suo Maestro. “Quanto mi date se ve lo consegno?”. Gesù in quel momento ha un prezzo. Questo atto drammatico segna l’inizio della Passione di Cristo, un percorso doloroso che Egli sceglie con assoluta libertà. Lo dice chiaramente Lui stesso: “Io do la mia vita… Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,17-18). E così, con questo tradimento, incomincia quella via dell’umiliazione, della spogliazione di Gesù. Come se fosse nel mercato: questo costa trenta denari… Una volta intrapresa la via dell’umiliazione e della spogliazione, Gesù la percorre fino in fondo (Papa Francesco, Udienza del 16/04/2014).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Ci farà bene farci soltanto una domanda: chi sono io? Chi sono io davanti al mio Signore? […] Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io traditore? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni: sono io come loro? E quando faccio queste cose, se le faccio, credo che con questo salvo il popolo? Sono io come Pilato? Quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone? … Sono io come quella folla che non sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente, per umiliare Gesù (Papa Francesco, Omelia del 13/04/2014).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Sono io come i soldati che colpiscono il Signore, Gli sputano addosso, lo insultano, si divertono con l’umiliazione del Signore? Sono io come il Cireneo che tornava da lavoro, affaticato, ma ha avuto la buona volontà di aiutare il Signore a portare la croce? Sono io come quelli che passavano davanti alla Croce e si facevano beffe di Gesù: “Era tanto coraggioso! Scenda dalla croce, e noi crederemo in Lui!”. Farsi beffe di Gesù… Sono io come quelle donne coraggiose, e come la Mamma di Gesù, che erano lì, soffrivano in silenzio? […] Dov’è il mio cuore? A quale di queste persone io assomiglio? Che questa domanda ci accompagni durante tutta la settimana (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Noi attendiamo che Dio nella sua onnipotenza sconfigga l’ingiustizia, il male, il peccato e la sofferenza con una vittoria divina trionfante. Dio ci mostra invece una vittoria umile che umanamente sembra un fallimento. Possiamo dire che Dio vince nel fallimento! Il Figlio di Dio, infatti, appare sulla croce come uomo sconfitto: patisce, è tradito, è vilipeso e infine muore. Ma Gesù permette che il male si accanisca su di Lui e lo prende su di sé per vincerlo (Papa Francesco, Udienza del 16/04/2014).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
La passione di Gesù non è un incidente; la sua morte – quella morte – era “scritta”. Davvero non troviamo tante spiegazioni. Si tratta di un mistero sconcertante, il mistero della grande umiltà di Dio: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16). Questa settimana pensiamo tanto al dolore di Gesà e diciamo a noi stessi: questo è per me. Anche se io fossi stato l’unica persona al mondo, Lui l’avrebbe fatto. L’ha fatto per me. Baciamo il crocifisso e diciamo: per me, grazie Gesù, per me (Ibi).