Meditazioni 20 febbraio 2017
“Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente, per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo…”. Evidentemente non siamo capaci di questa illuminazione, a noi è dato solo di mendicarla e di accoglierla con un cuore spalancato ed umile. Lo Spirito Santo possa illuminare e sostenere in noi questa permanente, idonea e adeguata posizione del cuore, per l’accoglienza dell’Avvenimento presente di Colui che illumina e chiarisce la vita, che ne è la vera consistenza, in cui solo c’è il rapporto corrispondente alla sua continua soddisfazione e che solo la porta al compimento. (…) “Per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi”. Quale capacità può trovare in noi questa comprensione se non quella della domanda, della mendicanza… La “capacità” propria dei piccoli, degli umili, dei poveri; di chi sa che la vita, la sua luce, il suo bene, la sua ricchezza, la sua consistenza, il suo riscatto, il suo continuo recupero, il suo amore è proprio un Altro, il Totalmente Altro, di cui Cristo è la sorprendente rivelazione storica. Lo Spirito Santo sostenga e sorregga il cuore ad essere se stesso secondo la sua natura, cioè esigenza ed attesa di tutto, del Tutto. Sorregga e renda stabile il nostro cuore all’accoglienza continua di ciò che è decisivo per la vita e che forma proprio tutto il suo desiderio. Ciò di cui non siamo capaci mai, ma di cui siamo e dobbiamo essere domanda e attesa sempre” (Nicolino Pompei, Caritas Christi urget nos).
Oggi la chiesa celebra la memoria liturgica dei carissimi pastorelli di Fatima, i beati Francesco e Giacinta. Ci lasciamo accompagnare da loro nella meditazione dei misteri del dolore, attraverso quello che Lucia ha scritto nelle sue memorie dopo la morte dei cuginetti con i quali era stata eletta ad incontrare la Madonna. Invocando la loro intercessione affidiamo a Maria Santissima ciascuno di noi, Nicolino e tutte le sue intenzioni; in particolare preghiamo per Cristina, Franco, Gianfranco, Giulio, Lorena, Mario e Maurizio. In comunione con Papa Francesco preghiamo per la popolazione della Repubblica Democratica del Congo e per tutte le popolazioni che anche in altre parti del Continente africano e del mondo soffrono a causa della violenza e della guerra.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
Invocazione allo Spirito Santo…
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Uno dei giochi preferiti di Giacinta era quello delle penitenze. Un giorno giocavamo insieme, in casa dei miei genitori, e toccò a me comandare a lei. Mio fratello stava seduto a scrivere, vicino a un tavolo. Le ordinai perciò di andare a dargli un abbraccio e un bacio, ma lei rispose: “Oh, no! Comandami un’altra cosa. Perché non mi dici di baciare quel Gesù, che c’è lì? (Era un crocifisso appeso al muro)”. “Fai pure! – risposi io – Sali sulla sedia, lo porti qui e in ginocchio, gli dai tre abbracci e tre baci: uno per Francesco, uno per me e l’altro per te”. “Al Signore do tutti i baci che vuoi”. E corse a prendere il crocifisso. Lo baciò e abbracciò con tanta devozione, che non dimenticherò mai più quel gesto. Poi, fissa con attenzione il Signore e domanda: “Perché il Signore è così, inchiodato su una croce?”. “Perché è morto per noi!” – Le risposi. “Raccontami come è stato” (Dalle memorie di suor Lucia).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Mia madre era solita, dopo cena, raccontarci delle storie. E tra i racconti di fate incantate, principesse dorate, colombe reali, che ci erano raccontati dal papà e dalle mie sorelle maggiori, s’infilava la mamma con la storia della Passione, di S. Giovanni Battista, ecc. Io conoscevo quindi la Passione del Signore a modo d’una fiaba e, siccome mi bastava sentir le fiabe una volta, per poterle ripetere con tutti i particolari, cominciai a raccontare ai miei compagni, dettagliatamente, la storia del Signore, come la chiamavo io. Al sentir raccontare le sofferenze del Signore, la piccolina si commosse e pianse. Spesso, in seguito, mi comandava di ripetergliela. Piangeva amaramente e diceva: “Povero Gesù! Io non farò nessun peccato! Non voglio che il Signore soffra di più!” (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Giacinta prese così sul serio i sacrifici per la conversione dei peccatori, che non tralasciava nessuna occasione. C’erano dei bambini, figli di due famiglie della Moita (una piccola frazione al nord della Cova d’Iria), che andavano di porta in porta a mendicare. Li incontrammo, un giorno, mentre andavamo con i nostri greggi. Al vederli, Giacinta propose: “Diamo la nostra merenda a quei poveretti, per la conversione dei peccatori?”. E corse a portarla. Verso sera, mi disse che aveva fame. C’erano lì alcuni lecci e querce. Le ghiande erano ancora abbastanza verdi. Tuttavia le dissi che potevamo mangiarle. Francesco salì su un leccio e per riempirsene le tasche, ma Giacinta si ricordò che potevamo mangiare quelle di quercia, per fare il sacrificio di mangiare ghiande amare. E così assaporammo quella sera quel delizioso “manicaretto”! Giacinta ne fece uno dei suoi sacrifici abituali. Coglieva le ghiande delle querce e delle olive. Le dissi un giorno: “Giacinta! Non mangiare quella roba, che è tanto amara!”. Mi rispose: “Proprio perché è amara la mangio, per convertire i peccatori” (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Passavano così i giorni di Giacinta, quando il Signore le mandò la polmonite, che la fece cadere a letto malata, insieme col suo fratellino. Poco prima di ammalarsi mi diceva: “Mi fa tanto male la testa, e ho tanta sete! Ma non voglio bere, per soffrire per i peccatori”. Ogni momento che mi restava libero dalla scuola e da qualche cosetta che mi facessero fare, correvo dai miei due amichetti. Un giorno, mentre passavo per andare a scuola, Giacinta mi disse: “Senti! Di’ a Gesù nascosto (cioè Gesù nell’Eucarestia nel tabernacolo) che Gli voglio molto bene e che Lo amo tanto”. Altre volte diceva: “Di’ a Gesù che Gli mando tanti saluti”. Quando andavo prima nella sua stanzetta, diceva: “Adesso, va’ da Francesco; io faccio il sacrificio di rimanere qui da sola”. […] Una mattina presto, sua sorella Teresa viene a chiamarmi: “Vieni, presto, Francesco sta molto male, e dice che ti deve confidare una cosa!”. Mi vestii in fretta e andai da lui. Chiese alla madre e ai fratelli che uscissero, perché era un segreto quel che voleva dirmi. Uscirono e lui mi disse: “Sto per confessarmi, per fare la Comunione e poi morire. Vorrei che tu mi dicessi se mi hai visto commettere qualche peccato e che tu andassi a chiedere a Giacinta se lei pure mi ha visto farne qualcuno (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Francesco era gravissimo. A notte fonda lo salutai: “Francesco, se vai in Cielo questa notte, non dimenticarti di me lassù; hai capito?”. “Non ti dimentico, no; stai tranquilla”. E afferrandomi la destra, me la strinse con forza per un bel pezzo, fissandomi con le lacrime agli occhi. “Vuoi ancora qualcosa?” – gli domandai con le lacrime che correvano anche a me per le guance. “No” – rispose con un filo di voce. La scena stava diventando troppo commovente e la zia mi fece uscire dalla stanza. “Allora ciao, Francesco! Arrivederci in Cielo!”. “Addio, in Cielo!”… E il Cielo si avvicinava. Volò lassù il giorno dopo, nelle braccia della Mamma celeste. […] Di nuovo la Vergine Santissima si degnò di visitare Giacinta per annunciarle nuove croci e sacrifici. Me ne diede notizia, e diceva: “Mi ha detto che andrò a Lisbona, in un altro ospedale, che non rivedrò più te e neppure i miei genitori. Che dopo aver sofferto molto, morirò da sola. Ma che non abbia paura, verrà Lei là a prendermi per portami in Cielo”. Piangendo mi abbracciava e diceva: “Non ti vedrò mai più. Tu là non mi verrai a trovare. Senti: prega molto per me che morirò da sola”. E finalmente arrivò il giorno della partenza per Lisbona. Al momento dell’addio, le si spezzava il cuore. Rimase molto tempo abbracciata al mio collo e diceva piangendo: “Non ci rivedremo mai più! Prega molto per me, fino a quando me ne andrò in Cielo. Là poi, io pregherò molto per te. Non svelare mai il segreto a nessuno, neppure se ti ammazzano. Ama molto Gesù e il Cuore Immacolato di Maria e fa’ molti sacrifici per i peccatori” (Ibi).