Meditazioni 19 novembre 2012
Dobbiamo quindi incessantemente mendicare Gesù, mendicare il Suo sguardo sempre, perché ci investa, ci commuova lo sguardo e il cuore, ci rimetta sempre in piedi e in cammino con Lui e dietro a Lui. Dobbiamo mendicare a Gesù la Grazia di vincere tutta la nostra estraneità e la nostra resistenza nella Grazia della Sua attrattiva presente. Di vincere e farci uscire da quella strettoia di immagini e di pensieri dentro cui soffochiamo, arrestiamo e perdiamo la vita, sottomettendola al dominio della nostra misura; al dominio delle nostre misere e brevi vedute, in cui qualcuno di noi si ritrova o vorrebbe ancora definire e affermare se stesso, gli altri, la realtà e anche l’appartenenza alla Compagnia. Dobbiamo domandare la Grazia di essere ridestati alle esigenze del cuore, all’emergenza del nostro bisogno, all’impeto del nostro desiderio. Perché possiamo trovarci radicalmente rinnovati a vivere questo cammino per la presenza di Gesù, che incessantemente mendica lo sguardo di ciascuno di noi, mendica la vita di ciascuno per essere ospitato ed accolto come avvenimento permanente e decisivo. Perché possiamo ritrovarci amici, veramente amici, per l’esperienza di un sostegno, di un lavoro e di una sequela nel nostro cammino, per il desiderio di vivere e concepire la vita nella luce e nello splendore dello sguardo di Gesù. Perché sia lo sguardo che portiamo a tutto e a tutti”. (Nicolino Pompei, Guardate a Lui e sarete raggianti)
…Invocazione allo Spirito Santo
Questa sera preghiamo particolarmente per Francesca, nel primo anniversario della sua morte, per Rossana, Letizia e tutta la loro carissima famiglia. Preghiamo per tutte le persone malate ed in particolare per Cristiano, Federica, Adriano, Clelia e Romolo, Remigia, e una famiglia per cui Fiorella ci ha chiesto di pregare. Affidiamo alla Madonna Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Quello che Dio ci chiede è sempre un rapporto, che incessantemente Lui stesso per primo domanda, mendicando di entrare nella nostra vita per esserne il Signore che solo la corrisponde. Che solo la alimenta e la potenzia di significato, di verità e di luce, recuperandola nel suo Amore dall’aridità e dall’oscurità in cui spesso si trova. Siamo qui perché “l’Amore che ha lavato il peccato, la Vita che ha distrutto la morte” ci infiammi di nuovo con la sua Parola, nella sua Presenza viva e risorta che parla e chiama adesso ciascuno per nome (Nicolino Pompei, La bocca non sa dire, né la parola esprimere: solo chi lo prova può credere cosa sia amare Gesù).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Dipende da me, dalla mia apertura a farlo entrare, che la mia vita dipenda da Lui. E farlo entrare come la Presenza decisiva in me di me, di tutto ciò che vive in me e con me. Di tutto ciò con cui la mia vita si rapporta. […] Farlo entrare come Avvenimento decisivo in cui tutto diventa avvenimento e rapporto nel suo ambito: questa è la vita segnata dalla fede, è fides vita (ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
La prima manifestazione della misericordia di Dio è proprio nell’averci fatto con questo cuore. Nell’averlo tessuto in noi con questa natura ed esigenza indomabile ed irriducibile, come affermano le sempre care parole di sant’Agostino: “Ci hai fatto per te Signore, e il nostro cuore è inquieto se non riposa in te”. E non sarà mai possibile ridurre a niente il nostro cuore. Dentro tutte le macerie che possiamo ritrovare in una vita nutrita, abbeverata, avvelenata dalla menzogna, il cuore rimane ultimamente irriducibile, sempre vivo ed indomabile nella sua esigenza infinita. E quindi oggettivo come criterio. Tanto da saper riconoscere chi lo può totalmente soddisfare e la menzogna di chi ne ha la pretesa. Sa riconoscerlo infallibilmente perché non è accontentabile se non dall’Infinito, dall’Eterno, dalla Verità (ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
Quello che vale, quello che conta e che decide la nostra vita è innanzitutto il riconoscersi bisognosi di Lui, l’avere coscienza del desiderio assoluto che abbiamo di Lui e del suo Amore. A verificare quindi se mi trovo in quella posizione del cuore che è tutta protesa, come quella del pubblicano, a lasciarsi affermare da questo Amore che perdona, guarisce, rialza e rimette in cammino. E nessuna possibile obiezione può risultare vincente sulle parole di Gesù e sulla sua Presenza che ci invita ad alzarci e a camminare nella sua Amicizia. Se non quella di chi persistentemente presume la vita facendosene di fatto giudice incontestabile nel bene e nel male (ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Evviva questa mancanza che si fa sempre sentire e che spesso prorompe drammaticamente. Questa mancanza, questo bisogno, questo cuore che anche dentro tutti i nostri penosi tentativi di auto colmatura e di auto appagamento, ritornano a farsi sentire sempre imperiosi, impetuosi e costringenti. Senza questa mancanza e questo suo farsi sentire attraverso il drammatico svolgimento della vita, non ci sarebbe alcun richiamo a quello che veramente siamo, e ci troveremmo incarcerati e delusi fino alla disperazione nei nostri presuntuosi ed inadeguati tentativi. Ecco cos’è il dramma che non dobbiamo mai semplificare o semplificarci, ma sostenere sempre in noi e tra di noi. Guai a non sentirli e a non prenderli sul serio sempre questa nostra umanità, questo nostro cuore, questo nostro desiderio (ibi).