Meditazioni 18 dicembre 2017
[La cananea, sapendo che Gesù era nelle vicinanze,] corre all’impazzata per cercarlo e potergli parlare. Quando lo trova si mette a seguirlo e fa di tutto per avere un minimo di attenzione da parte sua, […] per richiamare l’attenzione di Gesù. Lo insegue e gli si rivolge con insistenza, senza badare a nessuna formalità. Gli grida in tutti i modi e con tutta la sua voce di avere pietà della sua vita e di fermarsi ad ascoltarla: “Figlio di Davide abbi pietà di me, mia figlia è gravemente tormentata da un demonio” – (un modo di dire una malattia gravissima). Ma Gesù, stranamente – stranamente a come lo vediamo agire normalmente e ce lo immaginiamo – non le rivolge nemmeno una parola, non la degna nemmeno di uno sguardo. E lei che fa? Non si perde d’animo, non recede minimamente dal suo intento e ricomincia a gridare più forte. È così segnata dalla sua maternità e dal suo dolore che non rinuncia a gridare il suo bisogno per farsi ascoltare da Gesù. Grida ancora più forte. È così cosciente del suo dramma, è così cosciente e presa dal suo bisogno che non ha altra forza che quella della mendicanza, anche gridata. Mendica e grida a Gesù. È proprio questo cuore che dobbiamo imparare da lei. È qui tutta la forza e la virtù permanente di un uomo consapevole di se stesso, del suo drammatico bisogno: cercare, attendere e mendicare Gesù e tutto da Gesù dentro una continua sequela. È proprio l’atteggiamento dei poveri di spirito (Nicolino Pompei, … ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
Chiedendo di imparare questo cuore, affidiamo alla Madonna Nicolino, ciascuno di noi e tutte le persone per cui ci è stato chiesto di pregare. In particolare continuiamo a pregare per i nostri amatissimi Nazzareno e Cristina, per ciascuno dei loro cari, carissimi, familiari e amici; preghiamo per Giovanni, per il vescovo Armando, per Maria Ludovica, per Chérie, per Elena, per Virginia, Roberta ed Enrico, per Francesca. Preghiamo per cui in questi giorni ricorre l’anniversario della morte: l’avvocato Carlo, Stefania, Mario, Simonetta, Anna, Silvia e Santina. Preghiamo per il nostro carissimo Papa Francesco, che ieri ha compiuto 81 anni, e in comunione con lui preghiamo per le suore rapite circa un mese fa nel convento a Iguoriakhi in Nigeria e per tutte le persone che si trovano nella loro stessa dolorosa condizione.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
… Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
«Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Questo è il segno di sempre per trovare Gesù. Non solo allora, ma anche oggi. Se vogliamo festeggiare il vero Natale, contempliamo questo segno: la semplicità fragile di un piccolo neonato, la mitezza del suo essere adagiato, il tenero affetto delle fasce che lo avvolgono. Lì sta Dio (Papa Francesco, Omelia del 24/12/16).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
E con questo segno il Vangelo ci svela un paradosso: parla dell’imperatore, del governatore, dei grandi di quel tempo, ma Dio non si fa presente lì; non appare nella sala nobile di un palazzo regale, ma nella povertà di una stalla; non nei fasti dell’apparenza, ma nella semplicità della vita; non nel potere, ma in una piccolezza che sorprende. E per incontrarlo bisogna andare lì, dove Egli sta: occorre chinarsi, abbassarsi, farsi piccoli (Ibi).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
L’hanno capito, in quella notte, i pastori, che erano tra gli emarginati di allora. Ma nessuno è emarginato agli occhi di Dio e proprio loro furono gli invitati di Natale. Chi era sicuro di sé, autosufficiente, stava a casa tra le sue cose; i pastori invece «andarono, senza indugio» (cfr Lc 2,16). Anche noi lasciamoci interpellare e convocare stanotte da Gesù, andiamo a Lui con fiducia, a partire da quello in cui ci sentiamo emarginati, a partire dai nostri limiti, a partire dai nostri peccati. Lasciamoci toccare dalla tenerezza che salva (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Avviciniamoci a Dio che si fa vicino, fermiamoci a guardare il presepe, immaginiamo la nascita di Gesù: la luce e la pace, la somma povertà e il rifiuto. Entriamo nel vero Natale con i pastori, portiamo a Gesù quello che siamo, le nostre emarginazioni, le nostre ferite non guarite, i nostri peccati. Così, in Gesù, assaporeremo lo spirito vero del Natale: la bellezza di essere amati da Dio (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Con Maria e Giuseppe stiamo davanti alla mangiatoia, a Gesù che nasce come pane per la mia vita. Contemplando il suo amore umile e infinito, diciamogli semplicemente grazie: grazie, perché hai fatto tutto questo per me (Ibi).