Meditazioni 17 ottobre 2016
“Che cercate?”. È una domanda semplice, è una domanda elementare. Eppure è una domanda disarmante, che costringe. Che costringe a far emergere tutta la consistenza e lo spessore dell’esistenza di un uomo. Infatti, è una domanda che nessuno pone. Se siamo leali con noi stessi, solo una volta l’abbiamo sentita rivolta a noi, e rivolta proprio alla nostra vita intera. È una domanda che mostra già tutto il coinvolgimento appassionato e gratuito da parte di chi la pone verso il soggetto e l’umano a cui è rivolta. È una domanda che ha costretto e costringe ognuno a mettersi davanti alla propria vita, a se stesso. È come dire: chi sei? Costringe a domandarti chi sei senza mezzi termini, senza maschere e senza via di fuga. Sempre che la assecondiamo e la lasciamo entrare, sinceramente e lealmente, a provocare la nostra vita. Domandatevi chi vi ha mai posto una domanda così, mostrando di avere a cuore non l’apparenza ma il cuore della vostra vita, di avere a cuore tutta la vostra vita e tutto il vostro umano, senza averne scandalo o paura (Nicolino Pompei, Mostraci il Padre e ci basta… chi ha visto Me ha visto il Padre) .
Affidiamo alla Madonna ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. Preghiamo per tutti i nostri cari malati ed in particolare per Alessandro, Egidio, Elisabetta, Francesca, Laura, Rosella. In comunione con Papa Francesco “affidiamo alla Vergine Maria ogni nostra intenzione, specialmente la nostra insistente e accorata preghiera per la pace”.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia. A te anela la mia carne, come terra deserta arida senz’acqua”. “Di te ha detto il mio cuore: cercate il suo volto. Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto”. In queste struggenti parole del salmo 62 e del salmo 26 ritroviamo tutto ciò che forma l’assoluto desiderio dell’uomo, che qualifica la fondamentale attesa della vita di ogni uomo. Domandiamo di essere qui e di accoglierci nell’urgenza dell’ineludibile e imperiosa sollecitudine della realtà di queste parole. Mendicando che la nostra vita le possa sinceramente risorprendere vive e presenti. Il cuore è tutto fatto di questo desiderio (Ibi).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Ciascun uomo è fatto con questo cuore che è tutto fatto di questo desiderio. Non è una interpretazione nostra. Non è una nostra fissazione. È un fatto. È un’evidenza. La vita è oggettivamente questa sete, questa fame, questa terra sempre assetata di Colui che il mio cuore mi impone di cercare, di domandare e di anelare incessantemente. Il vero problema di ognuno di noi, fin dal primo mattino, è sempre quello di ripartire realmente da ciò in cui è costitutivamente stabilito il fulcro vitale della vita di un uomo, di risentire sinceramente la presenza e l’urgenza di questa esigenza del cuore. In cui si gioca tutto il rapporto con la verità del nostro umano (Ibi).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
“Ecco la generazione che ti cerca, che cerca il tuo volto Dio d’Israele”. Dovrebbero essere queste le parole più immediate, più sentite adeguate a noi, adesso, per affermare la vera definizione della nostra compagnia, del nostro popolo, del nostro cammino, e quindi anche del nostro stare qui. La più esatta è proprio quella della compagnia di coloro che riconoscono il volto di Dio nella storia nella presenza di Gesù, di Colui che solo ha rivelato il volto del Dio di Israele. Di coloro che vivono nella continua domanda della sua presenza perché la vita ne sia radicalmente segnata e trasfigurata. Alla libertà di ciascuno di noi il ritrovarsi sinceramente coincidenti con la verità e l’esperienza reale di queste parole nell’adesione a questa compagnia (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Nelle parole del salmo – o Dio tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia… – non c’è una indicazione nominalistica e astratta. C’è la rivelazione elementare di tutto quello che io sono e che mi fa essere in ogni istante. Colui che ha tessuto tutto di me, tutto il mio cuore in cui abita tutto il desiderio che sono, è Colui che mi fa essere, che mi fa e chi mi fa essere in ogni istante. Tu sei tutto quello che mi fa essere, Colui per cui il mio cuore c’è e batte. Tu sei Colui al quale appartengo originalmente e quindi sei tutto il mio anelare di ogni istante. Anche dentro le più artefatte e indebite interpretazioni e riduzioni del cuore, rimane che non c’è nulla oltre a te che gli corrisponda. Non c’è nulla oltre a te che giustifichi, corrisponda e soddisfi questo mio anelare, la mia fame e sete imprescindibili. Afferma sant’Agostino nelle Confessioni: “Tu fai vedere largamente la grandezza della creatura razionale creata da te, a cui nulla mai che sia a te inferiore può dare gioia e riposo, e perciò nemmeno può bastare a se stessa”. Nulla basta che sia meno di Cristo, meno di Lui (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
C’è un canto, che ci ha accompagnato questa estate, che dice: “Uno è l’alveo del mio desiderio: che io ti veda, ed è questo il mattino”. “Mostraci il tuo volto e noi saremo salvi. Non saranno confusi i nostri volti”. “Mostraci il Padre e ci basta”. È questo il mattino, la luce e lo splendore della vita che si attesta come certezza nel cammino di un uomo. Tutta l’ombrosità che può pervadere la vita non dipende dalla non verità di queste parole, ma dalla facile dimenticanza di ciò che siamo, per ritrovarci nella disumana presunzione di assoggettare alle nostre misurazioni e immagini l’esigenza del cuore, l’oggetto del nostro bisogno, l’alveo del nostro desiderio. Non deriva certamente dalla mancanza di risposta da parte di Dio ma dal tragico tentativo di strapparci da Lui per consegnarci ad inadeguate e perverse risposte e confidenze, in cui la vita inevitabilmente prima si ottenebra e poi si spegne. Per consegnarci ad altre apparenti e surrettizie fonti in cui la nostra fame e sete non possono che ritrovarsi di fatto, prima o dopo, gravemente insoddisfatte a discapito della vita intera. Che io ti veda: ed è questo il mattino. Il mattino dentro ogni mattino. Mostraci il tuo volto e noi saremo salvi: è questa la salvezza (Ibi).