Meditazioni 17 febbraio 2014
Il tralcio è fatto per la vite. È tutto tessuto dall’esigenza indomabile della vite, è solo assetato della linfa vitale della vite. E nessun tentativo di manipolazione o riduzione della sua natura, pur portando delle conseguenze nefaste, non è mai ultimamente capace di strapparlo dal tessuto di bisogno e di desiderio infinito di cui è fatto il suo cuore. Per questo, nella certezza della onnipresenza e della fedeltà della vite, che non smette mai di prendere iniziativa verso ciascuno di noi, nella certezza che l’ultima parola sulla vita di ciascun uomo è il suo amore inesauribile, ogni “tralcio”, anche nella condizione più deleteria, può tornare nella dinamica e nel dinamismo dell’innesto con la vite, ritrovare la sua fisionomia originale e ricominciare a vivere (Nicolino Pompei, Senza di me non potete fare nulla).
…Invocazione allo Spirito Santo
Questa sera preghiamo particolarmente per Elisa, una ragazza che nei giorni scorsi si è tragicamente uccisa a Osimo; preghiamo per lei, per i suoi genitori e per tutti i familiari e gli amici. Desideriamo pregare particolarmente anche per Benedetta, una ragazzina morta ad Ancona per un improvviso arresto cardiaco durante un allenamento di basket, per la sua famiglia e i suoi amici. Vogliamo pregare particolarmente anche per Margherita, una giovane mamma di Pagliare, morta nei giorni scorsi per un tumore. Portiamo nella nostra preghiera di questa sera anche tutti i nostri cari malati ed in particolare Adriano, Filippo, Giancarlo e Valeria. In comunione con i suoi genitori Enrico e Katiuscia, ringraziamo il Signore per il dono della nascita di Maria Teresa. Affidiamo alla Madonna tutti questi nostri amici, ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Basta un accenno di sguardo per essere tirati dentro il Suo. Il Suo sempre presente e sempre fedele. Occorre semplicemente cedere all’attrattiva del Suo sguardo che ci investe sempre. Accettando di lasciarsi spostare dal nostro dominio – dentro cui la vita perde sempre – per lasciarsi definire dalla Sua signoria – dentro cui la vita si trova e si guadagna sempre (Nicolino Pompei, Guardate a Lui e sarete raggianti).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Tanto più Lo lasceremo entrare nella nostra “casa”, tanto più Gli lasceremo spazio, quanto più il nostro umano emergerà nell’esperienza di un’esaltazione, di una luminosità e di una consistenza manifesta, dal pensare all’agire, dall’amore al lavoro. Emergerà nell’esperienza di una radiosità manifesta nel nostro umano come splendore del Suo volto in noi. “Risplenda su di noi la luce del Tuo volto, Signore…”, perché possiamo risplendere in tutto della Tua presenza (Ibi).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Nell’opera Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, il grande Péguy, pensando a coloro che poterono vedere Gesù, fa gridare a Giovanna queste parole: “[…] Gesù, Gesù, ci sarà mai così presente?”. A questo grido di Giovanna, Péguy fa rispondere madre Gervaise così: “Egli è qui. È qui come il primo giorno… In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno. In eterno tutti i giorni. È qui fra di noi in tutti i giorni della sua eternità”. Sì, Egli è qui. Egli è qui ora e ci raggiunge con il Suo sguardo, la Sua voce, la Sua presenza (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio e l’incontro con Simeone ed Anna
Solo gli umili prestano attenzione alla presenza del Signore. Chi non è umile è pieno di sé, pieno della sua misura, non ascolta altro che se stesso, non confida in nessun altro che in se stesso, piegando tutto alla sua presunzione. Gli umili e i poveri sono totalmente tesi al Signore, sempre tesi a cercare il Signore, a lasciarsi afferrare dalla Sua presenza [… L’umiltà] è l’atteggiamento di chi riconosce la sua vera natura e nel Signore tutta la vera ricchezza, capacità, forza e beatitudine. Per questo solo gli umili si rallegrano nel sentirlo parlare (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio tra i dottori della legge
Tutto quello che siamo chiamati a vivere è tenere fisso lo sguardo a Gesù, dove è la vera vita e la vera gioia del cuore. Guardare Gesù: si può immaginare qualcosa di più semplice e più facile di guardare in faccia Uno; di guardare in faccia Uno presente? Nessuno sforzo titanico, nessun progetto di coerenza o di perfezione normativa, nessuna capacità eroica ed eccezionale. Semplicemente il tendere di tutto noi stessi a guardare la presenza di Gesù, che sempre ci viene incontro mendicando il nostro sguardo. Rendendo ancora più semplice il guardarlo. Semplicissimo ma drammatico. Perché questo comporta lo smettere di adorare se stessi, di seguire se stessi, di affermare se stessi come misura di tutto, di voler far consistere in se stessi la vita. “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per me la salverà” (Ibi).