Meditazioni 16 aprile 2012
[…] Cristo che prorompe vincitore sul male e sulla morte – da cui si lascia massacrare, inchiodare e uccidere per amore dell’uomo – è la verità e il giudizio definitivo di tutto ciò che c’è: Lui è la salvezza di ogni uomo. La sua salvezza è la mia vittoria adesso, adesso ancora nelle doglie del parto; è la sorgente della Speranza nel cammino drammatico verso la certa Gloria finale, vero Destino dell’uomo. È la Vittoria su tutto ciò in cui io mi ritrovo vinto, sconfitto, diviso, sopraffatto, incarcerato, deluso; su tutto ciò che è nemico (il nemico) della vita nella sua vera natura ed esigenza; sulla vita impaurita, intristita e depressa, fino alla patologia, dal peccato, dal male, dall’ombra della morte. Sull’incapacità di essere me stesso e del rapporto con la realtà tutta; su tutte le conseguenze operanti di quell’originale peccato e strutturale debolezza; sulle conseguenze devastanti dell’insolenza della mia misura, di quell’ostinato, disumano, suicida e omicida assenso alla sempre ruggente azione di seduzione della menzogna (del menzognero), continuamente organizzata contro la creatura di Dio. Sia una continua tensione il nostro cedimento alla sua inarrestabile presa redentiva; all’esperienza del suo reale e incessante abbraccio che ricostituisce e rigenera sempre, che non ci fa più sentire ultimamente schiacciati o definiti da errori, colpe e tradimenti: è la Misericordia, il prorompere della Misericordia dell’Eterno Padre come esperienza sempre rigenerativa e ultima parola sul tragico tempo dell’uomo […] (Nicolino Pompei, Volantino di Fides Vita per la Santa Pasqua 2004).
Invocazione allo Spirito Santo
Nel giorno del suo 85° compleanno e in prossimità del 7° anniversario della Sua elezione al soglio pontificio, vogliamo pregare in maniera particolare per il Santo Padre Benedetto XVI; ci uniamo commossi a Lui nella lode filiale a Dio Padre per il dono che la Sua vita è per la Santa Chiesa e per il mondo intero. Profondamente grati a Sua Santità per il Suo chiarissimo ed esaltante Magistero e per la Sua testimonianza sempre più struggente, preghiamo perché la Grazia del Signore Lo preceda e Lo accompagni sempre nel Suo cammino e nel Suo ministero.
Nel primo mistero della gloria contempliamo la resurrezione di Gesù
Da una parte il Signore Risorto appare quale uomo come gli altri uomini: Egli è in cammino con i discepoli di Emmaus; lascia che le sue ferite siano toccate da Tommaso, anzi, secondo Luca si lascia addirittura offrire un pezzo di pesce da mangiare, per dimostrare la sua vera corporeità. E tuttavia, anche secondo questi racconti Egli non è semplicemente un uomo ritornato come prima della morte. Innanzitutto colpisce il fatto che i discepoli in un primo momenti non lo riconoscono. Questo accade non soltanto ai due discepoli di Emmaus, ma anche a Maria di Magdala e poi nuovamente presso il mare di Tiberiade: “Quando era già l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù”. Soltanto dopo che il Signore ebbe comandato loro di prendere di nuovo il largo, il discepolo prediletto lo riconobbe: “Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»”. È per così dire un riconoscere dal di dentro che, tuttavia, rimane sempre avvolto nel mistero. Dopo la pesca, infatti, quando Gesù li invita a mangiare, continua ad esserci una strana sorta di estraneità. “Nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore”. Lo sapevano dal di dentro, non a causa del suo aspetto né grazie al loro sguardo attento… Egli è pienamente corporeo. E tuttavia non è legato alle leggi della corporeità, alle leggi dello spazio e del tempo. In questa sorprendente dialettica tra identità e alterità, tra vera corporeità e libertà dai legami del corpo si manifesta l’essenza peculiare, misteriosa della nuova esistenza del Risorto. Valgono infatti ambedue le cose: Egli è lo stesso – un Uomo in carne e ossa – ed Egli è anche il Nuovo, Colui che è entrato in un genere diverso di esistenza (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret).
Nel secondo mistero della gloria contempliamo l’ascensione di Gesù al cielo
Luca ci dice che i discepoli erano pieni di gioia dopo che il Signore si era allontanato definitivamente da loro. Noi ci aspetteremmo il contrario. Ci aspetteremmo che essi fossero rimasti sconcertati e tristi. Il mondo non era cambiato, Gesù si era definitivamente allontanato da loro. Avevano ricevuto un compito apparentemente irrealizzabile, un compito che andava al di là delle loro forze. Come potevano presentarsi alla gente di Gerusalemme, in Israele, in tutto il mondo e dire: “Quel Gesù, apparentemente fallito, è invece il Salvatore di tutti noi?”. Ogni addio lascia dietro di sé un dolore. Anche se Gesù era partito da Persona vivente, come poteva non renderli tristi il suo congedo definitivo? Eppure si legge che essi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e lodavano Dio. Come possiamo capire tutto questo? Ciò che in ogni caso si può dedurne è che i discepoli non si sentono abbandonati; non ritengono che Gesù si sia come dileguato in un cielo inaccessibile e lontano da loro. Evidentemente sono certi di una presenza nuova di Gesù. Sono sicuri che il Risorto proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente. Essi sanno che “la destra di Dio” , alla quale ora Egli è “innalzato”, implica un nuovo modo della sua presenza, che non si può più prevedere – il modo, appunto, in cui solo Dio può esserci vicino. La gioia dei discepoli dopo l’ “ascensione” corregge la nostra immagine di tale evento. L’ “ascensione” non è un andarsene in una zona lontana dal cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole (Ibi).
Nel terzo mistero della gloria contempliamo la discesa dello Spirito Santo
Non c’è Chiesa senza Pentecoste. E vorrei aggiungere: non c’è Pentecoste senza la Vergine Maria. Così è stato all’inizio, nel Cenacolo, dove i discepoli “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù, e ai fratelli di lui” – come ci riferisce il libro degli Atti degli Apostoli (1,14). E così è sempre, in ogni luogo e in ogni tempo… dovunque i cristiani si radunano in preghiera con Maria, il Signore dona il suo Spirito. Anche noi vogliamo essere spiritualmente uniti alla Madre di Cristo e della Chiesa invocando con fede una rinnovata effusione del divino Paraclito (Benedetto XVI, Regina coeli del 23.05.10).
Nel quarto mistero della gloria contempliamo l’assunzione in cielo di Maria
Maria ha davvero creduto che “nulla è impossibile a Dio” e, forte di questa fiducia, si è lasciata guidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Come non desiderare, per la nostra vita, lo stesso abbandono fiducioso? Come potremmo precluderci quella beatitudine che nasce da una così intima e profonda consuetudine con Gesù? Perciò, rivolgendoci oggi alla “piena di grazia”, le chiediamo di ottenere anche a noi, dalla Provvidenza divina, di poter pronunciare ogni giorno il nostro “sì” ai disegni di Dio con la stessa fede umile e schietta con cui Lei ha pronunciato il suo. Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ci guidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anche quando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce (Benedetto XVI, Discorso del 31.05.11).
Nel quinto mistero della gloria contempliamo l’incoronazione di Maria
Il Vangelo ci offre un implicito ritratto spirituale della Vergine Maria, là dove Gesù dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Queste espressioni sono rivolte ai discepoli, ma si possono applicare al massimo grado proprio a Colei che è la prima e perfetta discepola di Gesù. Maria infatti ha osservato per prima e pienamente la parola del suo Figlio, dimostrando così di amarlo non solo come madre, ma prima ancora come ancella umile e obbediente; per questo Dio Padre l’ha amata e in Lei ha preso dimora la Santissima Trinità. E inoltre, là dove Gesù promette ai suoi amici che lo Spirito Santo li assisterà aiutandoli a ricordare ogni sua parola e a comprenderla profondamente (cfr Gv 14,26), come non pensare a Maria, che nel suo cuore, tempio dello Spirito, meditava e interpretava fedelmente tutto ciò che il suo Figlio diceva e faceva? In questo modo, già prima e soprattutto dopo la Pasqua, la Madre di Gesù è diventata anche la Madre e il modello della Chiesa (Benedetto XVI – Angelus del 9.05.10).