Meditazioni 15 settembre 2014
Beata Vergine Maria Addolorata
Come dice Péguy, “abbiamo perso il gusto per i discorsi e non abbiamo più altari se non i vostri, non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice…”. Non sappiamo nient’altro che l’esperienza semplice e disarmante di chi si lascia afferrare da questa Presenza e nel proprio umano folgora e irradia la vita di altri dell’amore di Cristo. Non abbiamo altro che questa semplice preghiera che sgorga da un cuore tutto arso dalla memoria di Cristo, invaso dalla dolcezza della dolce memoria di Cristo. Non abbiamo altro che il dono immeritato di questa Compagnia nella Chiesa, come facile adesione e semplice attaccamento della vita a questo Infinito Amore che l’ha voluto per attirarci continuamente a sé, per corrispondergli in ogni e con tutti gli istanti della vita. E non abbiamo altro che l’irrinunciabile compagnia della Madonna. Proprio a Lei chiediamo di essere aiutati a guardare a fissare continuamente la presenza di Gesù. Chiediamo di guardare alla grande presenza di Cristo come la guardava Lei e come ci si abbandonava Lei. A riconoscerlo, fino all’attaccamento di tutto noi stessi, come l’Avvenimento affermativo dell’insopprimibile urgenza di verità, di gioia e di felicità del nostro desiderio (Nicolino Pompei, La bocca non sa dire né la parola esprimere: solo chi lo prova può credere cosa sia amare Gesù).
Affidiamo a Maria Santissima, che oggi ricordiamo addolorata sotto la croce di Gesù, ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore; in particolare preghiamo per Alessandra, per Pietro e Rossella. Affidiamo alla Madonna anche tutti i bambini, i ragazzi e gli insegnanti che oggi hanno iniziato l’avventura del nuovo anno scolastico.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli ulivi
Gesù, infatti “pur essendo Dio, si annientò, umiliò se stesso facendosi servo”. Egli è venuto al mondo per imparare a essere uomo, ed essendo uomo, camminare con gli uomini. È venuto al mondo per obbedire, e ha obbedito. Ma questa obbedienza l’ha imparata dalla sofferenza. Proprio attraverso questa sofferenza, Cristo ha riscattato quello che era accaduto al nostro padre Adamo, che non aveva voluto imparare quello che il Signore comandava, che non aveva voluto patire, né obbedire. Adamo è uscito dal Paradiso con una promessa che è andata avanti durante tanti secoli. Ed è con questa obbedienza, con questo annientare se stesso, umiliarsi, di Gesù, che tale promessa è divenuta “speranza” (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta del 15.09.14).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Il 14 settembre la Chiesa celebra la festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Qualche persona non cristiana potrebbe domandarci: perché “esaltare” la croce? Possiamo rispondere che noi non esaltiamo una croce qualsiasi, o tutte le croci: esaltiamo la Croce di Gesù, perché in essa si è rivelato al massimo l’amore di Dio per l’umanità. È quello che ci ricorda il Vangelo di Giovanni nella liturgia odierna: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito» (3,16). Il Padre ha “dato” il Figlio per salvarci, e questo ha comportato la morte di Gesù, e la morte in croce (Papa Francesco, Angelus del 14.09.14).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Perché? Perché è stata necessaria la Croce? A causa della gravità del male che ci teneva schiavi. La Croce di Gesù esprime tutt’e due le cose: tutta la forza negativa del male, e tutta la mite onnipotenza della misericordia di Dio. La Croce sembra decretare il fallimento di Gesù, ma in realtà segna la sua vittoria (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Sul Calvario, quelli che lo deridevano gli dicevano: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce” (cfr Mt 27,40). Ma era vero il contrario: proprio perché era il Figlio di Dio Gesù stava lì, sulla croce, fedele fino alla fine al disegno d’amore del Padre. E proprio per questo Dio ha «esaltato» Gesù (Fil 2,9), conferendogli una regalità universale (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
E quando volgiamo lo sguardo alla Croce dove Gesù è stato inchiodato, contempliamo il segno dell’amore, dell’amore infinito di Dio per ciascuno di noi e la radice della nostra salvezza. Da quella Croce scaturisce la misericordia del Padre che abbraccia il mondo intero. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è donata la vita, restituita la speranza. Questo è importante: per mezzo della Croce di Cristo ci è restituita la speranza. La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Ibi).