Meditazioni 15 marzo 2010
Invochiamo lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, lo Spirito che ha fecondato Maria, che solo conosce il mio cuore, il mio segreto, la mia necessità, la mia urgenza. Qual è questo segreto? Il segreto dell’uomo è tutto nella sua domanda, nel suo cuore che è domanda assoluta di verità, di significato, di pienezza, di risposta esaustiva. Non può essere lo spirito del mondo a rispondere e a corrispondere, ma è solo lo Spirito di Dio che ci abilita a conoscere ciò che Dio ci ha dato. “E noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere i doni che Egli ci ha elargito” (I Cor 2, 12-13). È lo Spirito che Cristo ci ha lasciato come eredità perché la sua Presenza fosse permanente e continuamente contemporanea ad ogni tempo, ad ogni uomo; che rende quel gruppo di uomini la sua Chiesa, il suo Corpo vivo e presente nella storia, la sua Compagnia nel “qui e ora” di ogni uomo. È lo Spirito che ci rende idonei e capaci di vivere del rapporto con Lui e di essere questa amicizia nella sua santa Chiesa. A Lui chiediamo aiuto per essere assicurati nella posizione del piccolo, dell’umile, nella posizione adeguata a riceverLo e a lasciarci plasmare dalla sua azione (Nicolino Pompei, Il centuplo adesso e in eredità la vita eterna).
… Invocazione allo Spirito Santo
O Maria, affidiamo a Te particolarmente la nostra Compagnia e Nicolino, raccomandando alla tua materna intercessione le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Che cosa mai non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti al Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre, sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso. Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello che celebriamo ricordando quanto è già stato compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vedranno Dio, quando si è già verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini? (Sant’Agostino).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Proprio per ricondurre a sé gli uomini Dio fece cose straordinarie, anzi diede massima prova della sua infinita bontà. Per questo il Verbo del Padre, con un atto di inesprimibile umiliazione e con un atto di incredibile condiscendenza si fece carne e si degnò di abitare tra noi. Fece, patì e disse tutto quello che era necessario a riconciliare noi, nemici e avversari di Dio Padre. Richiamò di nuovo alla vita noi che ne eravamo stati esclusi. Il Verbo divino non solo guarì le nostre malattie con la potenza dei miracoli, ma prese anche su di sé l’infermità delle nostre passioni, pagò il nostro debito mediante il supplizio della croce, come se fosse colpevole, lui innocente (San Massimo Confessore).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Cristo soffrì la passione e sopportò il tormento della croce per nostra redenzione, sebbene non avesse commesso violenza con le sue mani, né peccato, e neppure vi fosse inganno sulla sua bocca. Egli solo fra tutti levò pura la sua preghiera a Dio, perché anche nello stesso strazio della passione pregò per i persecutori, dicendo: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Che cosa si può dire, che cosa si può immaginare di più puro della propria misericordiosa intercessione in favore di coloro che ci fanno soffrire? (San Gregorio Magno).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Colui che vuole onorare veramente la passione del Signore deve guardare con gli occhi del cuore Gesù Crocifisso, in modo da riconoscere nella sua carne la propria carne. Tremi la creatura di fronte al supplizio del suo Redentore. Si spezzino le pietre dei cuori infedeli, ed escano fuori travolgendo ogni ostacolo coloro che giacevano nella tomba. Appaiano anche ora nella città santa, cioè nella Chiesa di Dio, i segni della futura risurrezione e, ciò che un giorno deve verificarsi nei corpi, si compia ora nei cuori. A nessuno, anche se debole e inerme, è negata la vittoria della croce, e non v’è uomo al quale non rechi soccorso la mediazione di Cristo. Se giovò a molti che infierivano contro di lui, quanto maggiore beneficio apporterà a coloro che a lui si rivolgono! (San Leone Magno).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Confessiamo, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con gioia, non con rossore, ma con fierezza. L’apostolo Paolo lo comprese bene e lo face valere come titolo di gloria. Poteva celebrare le più grandi e affascinanti imprese del Cristo. Poteva gloriarsi richiamando le eccelse prerogative del Cristo, presentandolo quale creatore del mondo in quanto Dio con il Padre, e quale padrone del mondo in quanto uomo simile a noi. Tuttavia non disse altro che questo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Sant’Agostino).