Meditazioni 15 gennaio 2017
La Donna tutta sottomessa all’iniziativa del Mistero e che lo ha partorito come Uomo, deve essere sempre richiamata come compagnia necessaria. Dobbiamo invocare ora e sempre la Madonna per l’imitazione del suo fiat, come suprema obbedienza alla volontà del Padre in cui solo consiste la vita. Deve essere inesauribile lo sguardo che portiamo alla Madonna, l’accoglienza della sua compagnia e la richiesta della sua intercessione. Con Lei, dietro a Lei, attraverso di Lei, invochiamo lo Spirito Santo per lasciarci scardinare dalla nostra ostinata misura, perché la vita rinasca ora e sempre dal sì detto a Cristo e sia vissuta nel modo che Cristo ci ha richiamato. Perché dalla nostra libertà aderente e ubbidiente risulti il centuplo nell’esperienza umana, come rivelatore della vita in Cristo e come anticipo della vita eterna. Ed è attraverso l’esperienza umana segnata dal centuplo che Cristo si fa incontrare, si presenta alla vita di ciascun uomo. “Vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio ve l’ho fatto conoscere… E vi ho costituiti perché andiate e portiate il frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 15-16). Invochiamo la Madonna e lo Spirito Santo perché possiamo sentire sempre più l’urgenza della nostra responsabilità e del compito – per noi e per ogni uomo – della nostra chiamata ad essere amici che portano il Significato di tutto (Nicolino Pompei, Il centuplo adesso e in eredità la vita eterna).
Alla Madonna affidiamo Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. In particolare continuiamo a pregare per la nostra carissima amica Cristina, accompagnandola così in questo momento della sua vita, in questo tratto del suo cammino; preghiamo per Massimo, Maria Vittoria, Davide, Maria Elena e tutti i loro cari. Continuiamo a pregare per Giovanni, per Giorgio, per Giusy e per tutta la loro famiglia. Preghiamo per Luca e Catia, per Francesca, per Savina, per Chérie, per Stella, per Prince. Preghiamo per tutti i nostri cari defunti ed in particolare per Matilde, per Mariella, per Stefania e per Giovanna. Giovedì ricorrerà il primo anniversario della tragedia di Rigopiano: preghiamo per le vittime, per i loro cari e per i responsabili di quanto accaduto. Affidiamo alla Madonna il Santo Padre Francesco e preghiamo per la sua visita in Cile ed in Perù di questi giorni.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli ulivi
Solo se si è nella viva e dolorosa consapevolezza della propria drammatica condizione umana; solo se si sente dolore per la ferita della nostra debolezza mortale, della nostra incapacità a vivere e ad affrontare tutto, anche per quello che vediamo infliggersi in noi a causa del peccato, a causa dei nostri pretenziosi e perversi tentativi di affermazione di noi stessi, di misurazione di ciò che ci accade. Solo se sentiamo viva la ferita della nostra decadenza e dissoluzione, possiamo ritrovarci affamati, spalancati e sempre nell’urgenza di incontrare qualcuno che ci salvi (Nicolino Pompei, … ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Senza sentire “l’acuto” della nostra spaventosa ferita, senza sentirci dolorosamente percossi dalla mortale inquietudine e amarezza per l’indimenticabile e invincibile miseria che siamo, non ci troveremo mai nell’urgenza di cercarlo e in quell’apertura adeguata per lasciarci abbracciare dal suo perdono e bagnare dalla sua grazia (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Gesù non è venuto per i giusti, i sani, i presuntuosamente sani e giusti. Cristo è venuto per gli uomini che soffrono nella morsa della propria debolezza mortale, che soffrono la loro ferita umana, che soffrono la divisione e la frammentazione di se stessi e nel rapporto con l’altro, che soffrono l’incapacità di affrontare la realtà in tutti i suoi fattori, circostanze e rapporti; quella incapacità di corrispondere e soddisfare il loro desiderio di felicità. È venuto per quelli che soffrono l’assedio della loro debolezza e miseria: un persistente assedio che incide su tutto il procedere esistenziale in maniera drammatica. È venuto a cercare chi è perduto e chi soffre di essersi perduto. Chi è nella profonda amarezza, nella patologica delusione di veder fallito e incenerito tutto quello che ha avuto la pretesa di costruire e salvare con le proprie mani, con le proprie forze. Chi soffre nel vedere la facilità con cui cade e tradisce, la facilità a perpetuare il peccato. Ed è soltanto “quella apertura prodotta da una spaventosa ferita”, dalla dolorosa e consapevole “piaga” della nostra miseria, l’unico accesso possibile per lasciarsi abbracciare e investire dalla misericordia di Dio, per lasciarsi incontrare, afferrare e rialzare dalla misericordia di Dio fatta carne (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Se proviamo ad immedesimarci con quel tragico momento possiamo vedere che Gesù in croce assume tutta la carne di questa miseria. Nella sua carne trafitta e sanguinante vediamo tutta la carne della nostra debolezza mortale e della nostra obiezione a Lui, che Gesù assume totalmente su di sé portandola sul legno della croce. La carne di Gesù – dentro tutto il cammino della sua passione fino alla sua crocifissione – va sempre più assomigliando a tutta la nostra carne straziata dalla miseria, dal peccato, dal rifiuto di Lui: quella carne che assume tutta su di sé fino al legno della croce. Assume su di sé la carne e prende i connotati di quel malfattore crocifisso accanto a lui che lo bestemmia, che è ostinatamente chiuso e nel rifiuto di qualsiasi possibilità di perdono. Mentre la carne dell’altro malfattore – quell’uomo pentito e perdonato in un istante, per la fede di un istante, a cui Gesù ha promesso il paradiso subito- va sempre più assomigliando a Gesù risorto. Proprio perché è una carne investita dallo sguardo e dal perdono di Cristo, abbracciata e investita dalla misericordia di Dio nello sguardo e nel perdono di Cristo. Proprio perché rigenerata e trasfigurata dal sangue versato da Cristo sulla croce per la salvezza di ogni uomo, che si riversa sulla sua carne facendola emergere nei connotati della carne dell’uomo nuovo, perdonato, redento e salvato (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato. Anche solo per la fede di un istante, in questo istante, lasciamo entrare Gesù nella nostra vita. Lasciamoci prendere e portare da Gesù a vivere con Lui la vita di ogni giorno. Facciamolo entrare dentro il nostro tempo, l’affronto delle circostanze, i nostri rapporti, dentro il nostro matrimonio, dentro la coniugalità sfinita e logorata di molti di noi, dentro il drammatico e faticoso lavoro di ogni giorno; nel terreno del nostro umano ferito, impaurito e affaticato, misero e decadente, sfinito e sfibrato dai nostri ripetuti peccati e tradimenti. E supplichiamolo con lo stesso cuore di quegli uomini e quelle donne che abbiamo incontrato in questo nostro percorso: ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato (Ibi).