Meditazioni 14 novembre 2016
“La conversione di Paolo (e qui permettetemi di riprendere le parole che sant’Agostino usa per indicare la propria conversione) è semplicemente il passaggio dalla sua dedizione a Dio al riconoscimento di quello che Dio ha compiuto e compie in Gesù. Agostino così descrive la propria conversione: «Quando ho letto l’apostolo Paolo [e subito dopo – perché non basta neppure leggere le Scritture – aggiunge:] e quando la tua mano ha curato la tristezza del mio cuore, allora ho compreso la differenza inter praesumptionem et confessionem / tra la dedizione e il riconoscimento». Praesumptio non indica inizialmente una cosa cattiva. Alla lunga decade in presunzione cattiva; ma inizialmente indica il tentativo dell’uomo di voler raggiungere l’ideale buono intuito. La conversione cristiana è il passaggio da questo tentativo dell’uomo di compiere il bene al semplice riconoscimento della presenza di Gesù. Dalla praesumptio, dedizione, alla confessio, al riconoscimento” (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno…).
Preghiamo chiedendo per ciascuno di noi questo passaggio dalla dedizione a Gesù al riconoscimento della presenza di Gesù – un riconoscimento tutto avviato dalla Grazia divina, che attirandoci a Lui ci spalanca alla conoscenza della verità e della salvezza di ogni uomo proprio nella Sua presenza (cfr Ibi). Affidiamo a Maria Santissima Nicolino e ciascuno di noi; in particolare preghiamo per i terremotati, per i malati, per Daniela, che oggi ha concluso il suo cammino terreno, per Francesca, di cui giovedì ricorre il sesto anniversario della morte, e per Maddalena, che domenica riceverà il sacramento della Cresima. Come lui stesso non manca mai di chiedere, preghiamo per Papa Francesco.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
In Cristo Gesù l’Amore di Dio, il suo essere Misericordia, accade in un Uomo. Accade e si rivela come Uomo: ha lo sguardo di un Uomo, ha l’abbraccio di Uomo che va incontro al figlio perduto, confuso, sconfitto, abbandonato a se stesso; ha la presenza umana di un Uomo che si riversa commosso sull’umano caduto e sconfitto, senza forza e direzione. E soprattutto ha lo sconvolgente documento di un Uomo che ama sino a consegnarsi alla morte, a morire della morte che non conosce, non può conoscere, perché è Dio. Perché? Solo per Amore dell’uomo che muore e a vantaggio della salvezza dell’uomo che muore (Nicolino Pompei, Caritas Christi urget nos).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Cristo è l’inaudito amore di Dio che accade e si dimostra nella storia in tutto il suo essere Misericordia. Misericordia… “parola” sconosciuta ed impossibile all’uomo perché attinente solo a Dio, all’Essere di Dio che in Gesù, nella presenza di Gesù, diventa uno sguardo umano incontrabile e sperimentabile. Uno sguardo di Uomo che investe e rialza anche l’umanità più sfinita e sfibrata dal male mentitore e menzognero – di cui così spesso siamo insensati seguaci. L’Amore di Cristo è tutta la sconvolgente manifestazione, nella carne di un Uomo, dell’Amore di Dio per ogni uomo, dell’Amore che si lascia abbattere da ciò da cui siamo sempre battuti ed abbattuti, per rialzarci e risollevarci al livello dell’Infinito da cui siamo creati e di cui siamo immagine e somiglianza e quindi costitutiva e continuativa esigenza esistenziale (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Il suo essere Amore è il suo agire. Il suo essere Amore che solo per Amore “annientò se stesso prendendo natura di servo, diventando simile agli uomini; e apparso in forma umana si umiliò facendosi obbediente fino alla morte in croce”, come afferma san Paolo nella Lettera ai Filippesi. La spogliazione di se stesso e l’accadere come Uomo non significa togliersi la natura divina, cessare di essere Dio, ma è il documento sconvolgente del suo Mistero di Amore che in Gesù assume la natura umana soggetta alla sofferenza, al dolore, ai patimenti e alla morte. Che nella carne di Gesù assume tutta l’infamia del peccato e delle sue conseguenze sull’uomo, fino a morire, solo per Amore e solo a vantaggio della salvezza di ogni uomo (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
Un Amore che si dimostra coinvolto con noi fin dentro le minime fessure del nostro umano straziato dal dolore e dal male, e sino alla commozione per questo umano. Un Amore che si rivela come Amore che ci ama sino alla pietà e allo struggimento per il nostro umano straziato, disintegrato dalla sofferenza a causa del male e della nostra empietà ostinata. Un Amore così coinvolto con l’umano afflitto, atterrito e sotterrato dalla morte da consegnare se stesso gratuitamente e liberamente alla morte, e alla morte di croce. Un Amore che si consegna all’amato sino a morire per dissotterrare, rialzare, rimettere in piedi e in cammino la vita di ognuno (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Gesù crocifisso, squarciato nella sua carne fino alla morte, diventa il documento inaudito dell’Essere di Dio: Dio è Misericordia, Amore, solo Amore, Amore mosso e commosso solo dal suo essere Amore a vantaggio dell’umano flagellato dalla miseria che siamo… Nella carne di Cristo crocifisso c’è “quel volgersi di Dio contro se stesso” – come ha affermato in maniera struggente Benedetto XVI – che solo per Amore, puro e assoluto Amore, assume tutto quello che di misero, marcio e mortale affligge e sprofonda l’uomo e da cui l’uomo stesso si lascia affliggere e sprofondare; affinché, liberato dal tremendo giogo del male, sempre riprenda a camminare nella vita, dentro ad ogni istante della sua vita; incessantemente riammesso alla Vita, riammesso – dentro ad ogni passo terreno – al cammino di felicità e al suo compimento definitivo nella Vita eterna: suo vero destino (Ibi).