Meditazioni 14 marzo 2016
[La cananea] è così cosciente del suo dramma, è così cosciente e presa dal suo bisogno che non ha altra forza che quella della mendicanza, anche gridata. Mendica e grida a Gesù. È proprio questo cuore che dobbiamo imparare da lei. È qui tutta la forza e la virtù permanente di un uomo consapevole di se stesso, del suo drammatico bisogno; cercare, attendere e mendicare Gesù e tutto da Gesù dentro una continua sequela. È proprio l’atteggiamento dei poveri di spirito. […] Gesù vuole che emerga tutto l’assoluto bisogno che siamo di Lui. Vuole richiamare ciascuno ad una vera coscienza di se stesso perché emerga consapevolmente, fino in fondo, senza maschere e riserve, tutto il dramma e il grido del nostro umano, dell’assoluto bisogno che siamo di essere salvati e redenti. Si serve di quella donna [la cananea] per raggiungere ciascuno di noi e richiamarci all’urgente consapevolezza del bisogno che siamo di cercarlo e di lasciarci incontrare da Lui. Lasciarci incontrare da Lui senza immaginare o stabilire la modalità con cui Lui possa venirci incontro e rispondere al nostro bisogno (Nicolino Pompei, …ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
Chiediamo che l’atteggiamento della cananea diventi per noi un esempio da guardare e da seguire proprio per quello che testimonia del suo cuore e del suo umano; chiediamo di ritrovare in noi quel suo stesso riconoscimento di Gesù. Chiediamo alla Madonna di pregare per noi peccatori e a Lei affidiamo particolarmente Nicolino, Elena, Emanuela, Mario e il nostro carissimo Matteo che si sta preparando a ricevere il sacramento del Battesimo. Nel giorno in cui festeggiamo il suo terzo compleanno affidiamo alla Madonna il nostro piccolo grande Pietro e con Marco e Maria ringraziamo il Signore per l’immenso dono che è per ciascuno di noi. Grati per questi tre anni struggenti e magnifici di pontificato, preghiamo particolarmente per l’amatissimo Papa Francesco.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce. Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti (Papa Francesco, Omelia della conclusione del Conclave, 14/03/13).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità! Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro, che poi nessuno può portare con sé, deve lasciarlo. Mia nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche. Amore al denaro, potere, corruzione, divisioni, crimini contro la vita umana e contro il creato! E anche – ciascuno di noi lo sa e lo conosce – i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione. E Gesù sulla croce sente tutto il peso del male e con la forza dell’amore di Dio lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione. Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte (Papa Francesco, Omelia del 24/03/13).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Gesù non entra nella Città Santa per ricevere gli onori riservati ai re terreni, a chi ha potere, a chi domina; entra per essere flagellato, insultato e oltraggiato, come preannuncia Isaia nella Prima Lettura (cfr Is 50,6); entra per ricevere una corona di spine, un bastone, un mantello di porpora, la sua regalità sarà oggetto di derisione; entra per salire il Calvario carico di un legno. E allora ecco la seconda parola: Croce. Gesù entra a Gerusalemme per morire sulla Croce. Ed è proprio qui che splende il suo essere Re secondo Dio: il suo trono regale è il legno della Croce! Penso a quello che Benedetto XVI diceva ai Cardinali: Voi siete principi, ma di un Re crocifisso. Quello è il trono di Gesù. Gesù prende su di sé… Perché la Croce? Perché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Noi non esaltiamo una croce qualsiasi, o tutte le croci: esaltiamo la Croce di Gesù, perché in essa si è rivelato al massimo l’amore di Dio per l’umanità. È quello che ci ricorda il Vangelo di Giovanni nella liturgia odierna: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito» (3,16). Il Padre ha “dato” il Figlio per salvarci, e questo ha comportato la morte di Gesù, e la morte in croce. Perché? Perché è stata necessaria la Croce? A causa della gravità del male che ci teneva schiavi. La Croce di Gesù esprime tutt’e due le cose: tutta la forza negativa del male, e tutta la mite onnipotenza della misericordia di Dio. La Croce sembra decretare il fallimento di Gesù, ma in realtà segna la sua vittoria. Sul Calvario, quelli che lo deridevano gli dicevano: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce” (cfr Mt 27,40). Ma era vero il contrario: proprio perché era il Figlio di Dio Gesù stava lì, sulla croce, fedele fino alla fine al disegno d’amore del Padre. E proprio per questo Dio ha «esaltato» Gesù (Fil 2,9), conferendogli una regalità universale Papa Francesco, Omelia del 14/09/14).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
E quando volgiamo lo sguardo alla Croce dove Gesù è stato inchiodato, contempliamo il segno dell’amore, dell’amore infinito di Dio per ciascuno di noi e la radice della nostra salvezza. Da quella Croce scaturisce la misericordia del Padre che abbraccia il mondo intero. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è donata la vita, restituita la speranza. Questo è importante: per mezzo della Croce di Cristo ci è restituita la speranza. La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Ibi).