Meditazioni 14 dicembre 2015
Mi servo ancora di sant’Ambrogio, delle parole di due sue preghiere, perché siano ora la nostra preghiera. La prima è tratta dall’inno “Al canto del gallo”, che nell’antica Liturgia Ambrosiana si recitava ogni giorno al Mattutino. “Iesu, labantes respice / O Gesù, guarda noi che cadiamo (noi che siamo così decadenti), et nos videndo corrige / e sollevaci guardandoci; /si respiri labescadunt / se tu ci guardi i peccati vengono meno / fletuque culpa solvitur / e nel pianto la colpa viene sciolta”. C’è qualcosa di più semplice e facile del lasciarsi guardare da Gesù che non smette mai di guardarci? Eppure – come ci siamo ripetuti più volte – è altrettanto drammatico perché vuole tutta la nostra libertà sempre; una libertà che anche per la fede di un istante può tornare a rivolgersi a Lui che non smette mai di guardarci. Occorre smettere di guardare se stessi, occorre decentrarsi da se stessi, per ricominciare a guardare Gesù, a lasciarsi guardare da Lui. La seconda preghiera mette ancora in gioco la figura del buon ladrone che, come abbiamo visto, è così cara a sant’Ambrogio. Il suo inno di Pasqua “Hic est diesverus Dei” è tutto incentrato sul buon ladrone. Così recita in una sua parte: “Manum tuam porrige lapsis / porgi la tua mano a noi che siamo caduti (e che facilmente cadiamo) / qui latroni confittei paradisi ianuas aperuisti / tu che al ladrone che ti ha riconosciuto hai aperto le porte del paradiso”. Come è commovente l’espressione latina “latroni confitenti”. Quel ladrone non ha fatto niente, assolutamente niente se non riconoscerlo, confessarlo e mendicarlo solo per la fede di un momento, per la fede di un istante. Solo per la confidenza di un istante gli dice: “Gesù ricordati di me!”. E Gesù, solo per quel riconoscimento supplice di un istante, nella sua infinita misericordia gli risponde: “Oggi sarai con me in paradiso”.
Ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato. Anche solo per la fede di un istante, in questo istante, lasciamo entrare Gesù nella nostra vita. Lasciamoci prendere e portare da Gesù a vivere con Lui la vita di ogni giorno. Facciamolo entrare dentro il nostro tempo, l’affronto delle circostanze, i nostri rapporti, dentro il nostro matrimonio, dentro la coniugalità sfinita e logorata di molti di noi, dentro il drammatico e faticoso lavoro di ogni giorno; nel terreno del nostro umano ferito, impaurito e affaticato, misero e decadente, sfinito e sfibrato dai nostri ripetuti peccati e tradimenti. E supplichiamolo con lo stesso cuore di quegli uomini e quelle donne che abbiamo incontrato in questo nostro percorso: ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato (Nicolino Pompei, Ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
La Vergine Maria ci aiuti e ci protegga; a lei affidiamo ciascuno di noi, Papa Francesco, Nicolino e tutte le persone care che sappiamo hanno particolarmente bisogno della nostra preghiera.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Dal profondo del mio cuore a te grido o Signore, ti prego ascolta la mia voce. Se consideri le colpe, o Signore, chi potrà sussistere. Ma sono certo, certissimo: presso di te è solo il perdono. O Signore, sono davanti a te senza niente da offrirti, se non la mia miseria. Sono a mani vuote, niente ti posso regalare se non la mia miseria, il mio peccato, l’amarezza e il dolore per il mio peccato, nell’assoluta certezza del tuo perdono.
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Con lo stesso cuore del buon ladrone, con la stessa confidenza supplice del buon ladrone, ti prego, Signore, attirami a te, attira tutto il mio cuore, attira tutto me stesso a te e al tuo amore. Di’ soltanto una parola ed io sarò salvato. Rivolgimi tutto il tuo sguardo e sollevami a te risollevandomi alla vita in te (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Io non mi muovo, non ce la faccio a vivere e a fare niente, sono incapace di guardarmi, di rapportarmi con chiunque se tu non mi guardi; sono incapace di essere vero, fedele, intero, integro, affogo solo nella paura e nell’angoscia se tu non mi chiami, non mi parli, non mi investi ora di te, della tua presenza, del tuo Amore invincibile ed eterno, se tu non mi afferri e non mi porti con te ad affrontare la vita di ogni giorno (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Io penso di morire se non ti sento più parlare, se non ti sento parlare adesso, se non mi attiri adesso a te e non vieni tu dentro di me perché possa accalorarmi della tua parola e del tuo amore, che solo danno pace al mio cuore, luce ai miei occhi ottenebrati, forza al mio passo; che solo mi rendono capace di vivere, di camminare e affrontare la fatica e il dramma della vita di ogni giorno (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Sì, o Signore, di’ soltanto una parola, anche solo un breve accenno, un solo tuo sospiro, ed io sarò salvato. Sì, o Signore, questa è tutta la mia certezza, è tutta la mia attesa, è tutta la domanda del mio cuore di adesso e di sempre. Così sia (Ibi).