Meditazioni 13 marzo 2017
Gesù, ecco ora la mia preghiera: “Signore, la tua bontà mi ha creato, la tua misericordia ha cancellato i miei peccati, la tua pazienza mi ha fino ad oggi sopportato. Tu attendi, o mio Signore, la mia conversione e io attendo la tua grazia per raggiungere attraverso la conversione una vita secondo la tua volontà… Di te sono assetato, di te sono affamato, te desidero, a te sospiro, te bramo al di sopra di ogni cosa… Attirami tutto al tuo cuore… Fa’ tu, o Cristo, quello che il mio cuore non può. Tu che mi fai chiedere, concedi… Insegnami a cercarti e mostrati a me che ti cerco. Io non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti, che ti desideri cercandoti, che ti trovi amandoti e che ti ami trovandoti” . In questa infervorata preghiera che scaturisce dal cuore di sant’Anselmo c’è tutto il cuore di un uomo innamorato di Cristo, di un uomo che cerca Gesù e lo attende dalla mattina alla sera, che attende tutto da Gesù e dal suo Amore. E tanto più lo trova, lo sperimenta, lo vede agire nella propria vita, tanto più, come l’amata del Cantico dei Cantici, non può fare a meno di cercarlo, di attenderlo con quello stesso ardore, con quello stesso assoluto desiderio. È un’esperienza di grazia che possiamo solo mendicare e desiderare permanentemente (Nicolino Pompei, … tutti Ti cercano).
È questa esperienza di grazia che desideriamo e che chiediamo, affidando alla Madonna ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. In particolare preghiamo per Enzo, per Antonella ed Emidio, per Cristina, per Franco, per Giuseppe e per tutti i familiari e gli amici di questi nostri cari. Sempre, ma particolarmente oggi in cui facciamo memoria del 4° anniversario della sua elezione al ministero petrino, vogliamo pregare per Papa Francesco, la cui omelia di inizio del pontificato ci accompagnerà nella meditazione dei misteri della gioia. In comunione con lui, come ci ha chiesto all’Angelus di ieri, preghiamo “per il popolo del Guatemala, che vive in lutto per il grave e triste incendio nell’ala femminile di una casa di accoglienza per minori in cui sono rimaste vittime e ferite molte ragazze e altre persone: il Signore accolga le loro anime, guarisca i feriti, consoli le loro famiglie addolorate e tutta la nazione. Preghiamo anche per tutte le ragazze e i ragazzi vittime di violenze, maltrattamenti, sfruttamento e guerra”.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
«Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1). Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende (Papa Francesco, Omelia del 19/03/13).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide […]: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! (Ibi).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Abramo «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio tra i dottori della legge
Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato! Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen (Ibi).