Meditazioni 12 marzo 2012
“Alla nostra fuga, al nostro scartarlo, alla nostra resistenza, Dio risponde con la Misericordia, con il suo essere Misericordia. Sul prevalere della nostra fuga e ribellione è infinitamente prevalente l’inesauribile sua Misericordia. Allora tutta la nostra tensione, tutta la nostra mobilitazione, tutta la nostra risposta deve essere un cedimento, un abbandono. Un abbandono come perseverante tensione a corrispondere a questo Abbraccio, a corrispondere a questo Amore. Occorre imparare a dire sì: avvenga di me secondo Te. Solo dicendo sì a Cristo, al Mistero fatto carne, nelle circostanze evitabili ed inevitabili, negli istanti più brevi o più evidenti che formano la nostra esistenza, la vita cambia, Cristo ci cambia, ci fa crescere come uomini nuovi; sperimentiamo l’uomo nuovo, quel centuplo – nell’interezza dell’esperienza umana – promesso da Gesù. Occorre essere determinati a vivere questa continua tensione. Ciò che deve incessantemente sostenerla e alimentarla è la preghiera. La prima forma di obbedienza deve essere la preghiera. “O Dio vieni a salvarmi, vieni presto in mio aiuto; sii luce e forza al mio passo fragile, debole, che fugge da Te; aiutami ad attaccarmi a Te, ad obbedirti; sia fatta la tua Volontà su di me, su quello che faccio, su questo istante; su ogni istante non prevalga la mia, ma la tua Volontà…”. Occorre pregare per ridestare e ravvivare sempre il nostro cuore alla posizione originale, alla posizione del bambino, per vivere quell’abbandono necessario come corrispondenza al suo inesauribile Amore: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo, non vado in cerca di cose grandi (quelle che stabilisco io come grandi e in cui pretendo di far consistere la mia ricchezza, la mia consistenza). Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 131)” (Nicolino Pompei, Egli è la pietra che, scartata da voi, i costruttori, è diventata testata d’angolo. E non c’è in nessun altro la salvezza).
Invocazione allo Spirito Santo
Affidiamo a Maria Santissima ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo core. Particolarmente raccomandiamo alla Madonna alcune persone per cui ci è stato chiesto di pregare: Pietro, Gioia, Matteo, Maria Pia, Juliette, il figlio della signora Claudia Gerbi e i genitori del piccolo Enrico. Preghiamo anche per il nostro carissimo Alì perché, se il Signore lo vuole, possa rincontrare presto la sua famiglia afghana.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
La morte a cui Gesù va incontro è quella di croce, ossia la più degradante, volendo così essere veramente fratello di ogni uomo e di ogni donna, costretti a una fine atroce e ignominiosa. Ma proprio nella sua passione e morte Cristo testimonia la sua adesione libera e cosciente al volere del Padre, come si legge nella Lettera agli Ebrei: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì” (Benedetto XVI, Udienza del 1.06.05).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
A Cristo si applicano le parole del Salmo 44: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo”. E a Lui, paradossalmente, fanno riferimento anche le parole del profeta: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, né splendore per potercene compiacere”. In Cristo s’incontrano la bellezza della verità e la bellezza dell’amore; ma l’amore, si sa, implica anche la disponibilità a soffrire, una disponibilità che può giungere fino al dono della vita per colore che si amano (Benedetto XVI, Messaggio per il II Congresso dei Movimenti del 22.05.06).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Signore Gesù, la tua passione è la storia di tutta l’umanità: quella storia dove i buoni vengono umiliati, i miti aggrediti, gli onesti calpestati e i puri di cuore vengono beffardamente derisi. Chi sarà il vincitore? Chi dirà l’ultima parola? Signore Gesù, noi crediamo che Tu sei l’ultima parola: in Te i buoni hanno già vinto, in Te i miti hanno già trionfato, in Te gli onesti vengono incoronati e i puri di cuore brillano come stelle nella notte (Benedetto XVI, Preghiera del Venerdì Santo 2006).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
I nostri sguardi spesso distratti da dispersivi ed effimeri interessi terreni, oggi volgiamoli verso Cristo; fermiamoci a contemplare la sua Croce. La Croce è sorgente di vita immortale, è scuola di giustizia e di pace, è patrimonio universale di perdono e di misericordia; è prova permanente di un amore oblativo e infinito che ha spinto Dio a farsi uomo vulnerabile come noi sino a morire crocifisso. Le sue braccia inchiodate si aprono per ciascun essere umano e ci invitano ad accostarci a Lui, certi che ci accoglie e ci stringe in un abbraccio di infinita tenerezza: “Quando sarà elevato da terra, – aveva detto – attirerò tutti a me” (Benedetto XVI, Discorso del 21.03.08).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Dal volto di questo “uomo dei dolori” che porta su di sé la passione di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati, promana una solenne maestà. Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato sono una parola che possiamo ascoltare nel silenzio (Benedetto XVI, Meditazione del 2.05.10).