Meditazioni 12 aprile 2016
Commentando il Vangelo di ieri, al Regina Coeli Papa Francesco ha detto: “Giovanni si rivolge a Pietro e dice: «È il Signore!». E subito Pietro si tuffa in acqua e nuota verso la riva, verso Gesù. In quella esclamazione: “È il Signore!”, c’è tutto l’entusiasmo della fede pasquale, piena di gioia e di stupore, che contrasta fortemente con lo smarrimento, lo sconforto, il senso di impotenza che si erano accumulati nell’animo dei discepoli. La presenza di Gesù risorto trasforma ogni cosa: il buio è vinto dalla luce, il lavoro inutile diventa nuovamente fruttuoso e promettente, il senso di stanchezza e di abbandono lascia il posto a un nuovo slancio e alla certezza che Lui è con noi. […] Egli, il Signore, rinnovi anche in noi la fede pasquale. Ci renda sempre più consapevoli della nostra missione al servizio del Vangelo e dei fratelli; ci riempia del suo Santo Spirito perché, sostenuti dall’intercessione di Maria, con tutta la Chiesa possiamo proclamare la grandezza del suo amore e la ricchezza della sua misericordia”.
A Maria Santissima affidiamo ciascuno di noi, Nicolino e gli amici per cui ci è stato chiesto di pregare in quest’Affidamento: Giancarlo, Giustino, Elena e Giovanni. In comunione con Papa Francesco preghiamo per le persone sequestrate in zone di conflitto armato ed in particolare per il sacerdote salesiano Tom Uzhunnalil, rapito ad Aden nello Yemen il 4 marzo scorso.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
Nel primo mistero della gloria contempliamo la resurrezione di Gesù
Cercate ora di immaginarvi la condizione umana e psicologica di Pietro e di tutti gli altri discepoli dopo la morte di Gesù. Dopo essere fuggiti e dispersi, si sono certamente ritrovati insieme, cercando di rimanere nascosti, sempre per paura di essere arrestati. Regna un clima di silenzio fra di loro e quei pochi pensieri condivisi confermano solo tutta la loro paura, la loro incredulità e una profonda confusione. E Gesù cosa fa? Invece che irritarsi e abbandonarli, continua ad andargli incontro e a mostrarsi vivo. Lo ripeto ancora: questo è il solo metodo che Gesù usa per vincere tutta la loro ostinazione. “Dopo questi fatti (il Signore è già apparso loro più volte), Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade, e si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli”. […] In questo episodio ritorna una scena già vissuta dai discepoli alcuni anni prima: quella della pesca miracolosa dopo una notte di lavoro infruttuoso. È come se il Signore volesse vincere la loro ostinata incredulità facendo riemergere nella loro memoria e risuscitare nel loro cuore questi episodi già vissuti per non semplificare nulla del loro cammino umano e portarli pazientemente e ragionevolmente a farsi riconoscere vivo e risorto. “Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non sapevano che era Gesù. Disse loro Gesù: figliuoli, non avete nulla da mangiare? Gli risposero: no. Allora egli disse loro: gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. Sono parole che già hanno ascoltato, c’è un’indicazione che già conoscono. Quella voce che ha dato quell’indicazione risulta assolutamente familiare e li rimanda immediatamente a quella – unica e inconfondibile – che per tre anni ha scaldato il loro cuore e acceso di amore la loro vita. Quella di Gesù. Tanto che su quella parola gettano le reti dalla parte loro indicata. Gettarono proprio lì la rete “e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava (Giovanni) disse a Pietro: è il Signore!” (Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto…).
Nel secondo mistero della gloria contempliamo l’ascensione al cielo
Simon Pietro, solo all’accenno di Giovanni che gli dice “è il Signore!”, si trova di colpo così travolto da un ardore del cuore, da un impeto di gioia incontenibile che si getta subito in mare per nuotare con tutte le sue forze verso la riva dove c’è Gesù. Dovrebbe essere facile immaginare lo slancio, l’impeto, l’energia con cui Pietro si getta dalla barca, nuota e corre verso la riva. Uno slancio e un impeto irrefrenabile di chi è mosso e commosso dall’amore che credeva aver perso e che invece ora lo attende a riva (Ibi).
Nel terzo mistero della gloria contempliamo la Pentecoste
Gesù fissandolo gli dice: “Simone, figlio di Giovanni mi ami tu?”. Pensiamo a Pietro, tutto rivestito di vergogna, di imbarazzo, di sensi di colpa, che si sente rivolgere quella sorprendente domanda. È una domanda impossibile da porre da parte di chi è stato tradito verso chi lo ha tradito e rinnegato. Sono convinto che Pietro avrebbe preferito essere richiamato duramente invece che trovarsi di fronte a questa domanda, che lo spiazza e lo costringe ad uscire allo scoperto. Invece il Signore taglia corto e va dritto al cuore di Pietro, domandandogli: “Pietro, mi ami tu?”. È una domanda che va proprio dritta al suo cuore, che va a toccare il suo cuore di carne, che è capace di superare tutto il groviglio drammatico dei suoi pensieri costringendolo ad emergere nella verità del suo cuore, un cuore che Gesù conosce benissimo. E Pietro risponde, risponde lasciando parlare il cuore, lasciando prorompere il suo cuore e la sua affezione sincera e assoluta a Gesù, anche se è stata apparentemente contraddetta dal suo tradimento. Gli risponde con un tono di voce umilissimo: “Signore, tu lo sai che io ti voglio bene”. A questo punto Gesù, per la seconda volta, gli domanda di nuovo: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Pietro, provocato da questa insistenza, comincia a fissarlo negli occhi e non può che confermare quello che sente emergere in maniera crescente dal suo cuore: “Certo Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Ma Gesù, venendogli sempre più incontro, conoscendo il suo cuore e il bisogno che Pietro ha di essere riabbracciato, perdonato e liberato, per la terza volta insiste domandandogli: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro questa volta ha proprio bisogno di far “sbottare” quello che sente dentro di sé: “Signore, io lo so bene che ti ho tradito, ricordo benissimo tutti i momenti in cui ti ho detto che non ti avrei mai lasciato a costo della vita; mi tormenta il pensiero di averti lasciato solo ad andare a morire e di averti rinnegato. Non dormo più la notte per questo tormento e mi vergogno profondamente. Ma se tu mi chiedi se io ti voglio bene, non so come sia possibile avendo coscienza di quello che ti ho fatto, non so come sia possibile, ma io non posso non dirtelo, non posso tacere che: sì, sì io ti voglio bene. Tu che sai tutto, tu lo sai che io ti voglio bene. Come te lo dissi allora, ancor di più te lo confermo ora: io ti voglio bene ed è impossibile per me vivere lontano da te”. Gesù allora gli dice, con una tenerezza sconfinata: “Allora basta, rialzati, cammina e pasci le mie pecore. Smettila di lasciarti sfinire da questi sensi di colpa, da questi pensieri di amarezza e di vergogna, e ricomincia a camminare dietro a me per affermarmi e testimoniarmi come l’unico Signore e Salvatore” (Ibi).
Nel quarto mistero della gloria contempliamo Maria assunta in cielo
“Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono… Il Signore non abbandona la sua promessa quando gli aveva detto tu sei pietra e ora gli dice: pasci il mio gregge e consegna il suo gregge ad un peccatore… Il Signore ci fa maturare con tanti incontri con lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo; con i nostri peccati. Lui è così, e la storia di quest’uomo che si è lasciato proprio modellare con tanti incontri con Gesù, serve a tutti noi, perché siamo sulla stessa strada… Pietro è un grande, non perché sia un dottore in questo o perché sia uno bravo che ha fatto questo. No, è un grande perché è un nobile, ha un cuore nobile e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta a questo dolore, alla vergogna ma anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge” (Papa Francesco, 17 maggio 2013 in Ibi).
Nel quinto mistero della gloria contempliamo Maria che viene coronata regina
Tutta la nostra consistenza non è e non potrà mai essere in noi stessi, in una nostra presunta capacità umana e morale, ma solo e sempre nella presenza e nella forza di un Altro. Nella presenza del Signore Gesù, nell’avvenimento del Suo amore, del Suo perdono e nella nostra tensione a lasciarci amare, a lasciarci rialzare e trasformare dal Suo amore, come ci ha detto Papa Francesco. Come lui stesso ha affermato, il problema non è essere peccatori. Ma la consapevolezza di esserlo e la disponibilità a riconoscerlo, ritrovando anche un sincero sentimento di vergogna e di pentimento per i nostri peccati ripetuti. Ma sempre nella certezza che il Signore non ci abbandona mai, ci viene sempre incontro e addirittura si serve anche delle nostre debolezze e miserie per farci crescere e maturare come uomini e nel rapporto con Lui. Dobbiamo essere sempre nella certezza che Cristo è infinitamente più grande di tutto il nostro peccato, che il Suo amore e il Suo perdono non vengono mai meno, che la Sua presenza piena di misericordia è sempre pronta a riabbracciare tutta la nostra vita, a risollevarla dal fango di tradimenti e peccati dentro cui l’abbiamo potuta sprofondare e spesso affogare; a riaffermarla in tutta la sua dignità originale e rimetterla in cammino verso il Destino. Ed è proprio quello che siamo chiamati a testimoniare ad ogni uomo e che ogni uomo ha sempre urgenza di incontrare concretamente (Ibi).