Meditazioni 11 aprile 2011
Egli è il Vivente
Perché non ti sei opposto con potenza ai tuoi nemici che ti hanno portato sulla croce? – così vorremmo domandare. Perché non hai con vigore inconfutabile dimostrato che tu sei il Vivente, il Signore della vita e della morte? Perché ti sei mostrato solo a un piccolo gruppo di discepoli della cui testimonianza noi dobbiamo ora fidarci?
La domanda riguarda, però, non soltanto la risurrezione, ma l’intero modo in cui Dio si rivela al mondo. Perché solo ad Abramo – perché non ai potenti del mondo? Perché solo a Israele e non in modo indiscutibile a tutti i popoli della terra?
È proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di «vedere».
E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore. E ciò che apparentemente è così piccolo non è forse – pensandoci bene – la cosa veramente grande? Non emana forse da Gesù un raggio di luce che cresce lungo i secoli, un raggio che non poteva provenire da nessun semplice essere umano, un raggio mediante il quale entra veramente nel mondo lo splendore della luce di Dio? Avrebbe potuto, l’annuncio degli apostoli, trovar fede ed edificare una comunità universale, se non avesse operato in esso la forza della verità?
Se ascoltiamo i testimoni col cuore attento e ci apriamo ai segni con cui il Signore accredita sempre di nuovo loro e se stesso, allora sappiamo: Egli è veramente risorto. Egli è il Vivente. A Lui ci affidiamo e sappiamo di essere sulla strada giusta. Con Tommaso mettiamo le nostre mani nel costato trafitto di Gesù e professiamo: «Mio Signore e mio Dio!» (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret).
… Invocazione dello Spirito Santo
Pieni di gioia e di gratitudine per il pellegrinaggio appena vissuto a Lourdes, continuiamo ad affidare alla Madonna ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. In particolare preghiamo per Alessia, una bambina gravemente malata, e per i suoi familiari, così come ci hanno chiesto, inviando una mail al nostro sito, Paola e Ippazio di La Spezia.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Il dramma del Monte degli ulivi consiste nel fatto che Gesù riporta la volontà naturale dell’uomo dall’opposizione alla sinergia e ristabilisce così l’uomo nella sua grandezza. Nell’umana volontà naturale di Gesù è, per così dire, presente in Gesù stesso tutta la resistenza della natura umana contro Dio. L’ostinazione di tutti noi, l’intera opposizione contro Dio è presente e Gesù, lottando, trascina la natura ricalcitrante in alto verso la sua vera essenza […] La preghiera: “Non la mia, ma la tua volontà” è veramente una preghiera del Figlio al Padre, nella quale l’umana volontà naturale è stata tratta totalmente dentro l’Io del Figlio, la cui essenza si esprime appunto nel “non io, ma tu” – nell’abbandono totale dell’Io al Tu di Dio Padre. Questo “Io”, però, ha accolto in sé l’opposizione dell’umanità e l’ha trasformata, così che ora nell’obbedienza del Figlio siamo presenti tutti noi, veniamo tutti tirati dentro la condizione di figli (Ibi).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo la flagellazione di Gesù
La flagellazione era la punizione che, nel diritto penale romano, veniva inflitta come castigo concomitante la condanna a morte. In Giovanni essa appare invece come un atto posto durante l’interrogatorio – un provvedimento che il prefetto, in virtù del suo potere di polizia, era autorizzato a prendere. Era una punizione esageratamente barbara; il condannato veniva picchiato da più aguzzini finché questi si stancavano e la carne del delinquente pendeva giù in brandelli sanguinanti […] Il fatto che Simone il Cireneo debba portare per Gesù la traversa della croce e che Gesù muoia così presto viene forse con ragione collegato con la tortura della flagellazione, durante la quali altri delinquenti già morivano (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo la coronazione di spine di Gesù
I soldati si prendono gioco in modo crudele di Gesù. Sanno che Egli pretende di essere re. Ma ora si trova nelle loro mani, ed è loro piacere umiliarlo, dimostrare in Lui la loro forza, forse anche scaricare su di Lui, in modo sostitutivo, la loro rabbia contro i grandi. Rivestono Lui – uomo colpito e ferito in tutto il corpo – con i segni caricaturali della maestà imperiale: il mantello scarlatto, la corona di spine intrecciate e lo scettro di canna. Gli rendono omaggio: “Salve, re dei Giudei!”; il loro omaggio consiste in ceffoni con cui manifestano ancora una volta tutto il loro disprezzo nei suoi confronti […] In questa apparenza caricaturale Gesù viene condotto da Pilato, e Pilato lo presenta alla folla – all’umanità: Ecce homo – Ecco l’uomo! […] In Gesù appare l’essere umano come tale. In Lui si manifesta la miseria di tutti i colpiti e rovinati. Nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia così l’impotente. In Lui si rispecchia ciò che chiamiamo “peccato”: ciò che l’uomo diventa quando volge le spalle a Dio e prende autonomamente in mano il governo del mondo. Ma è vero anche l’altro aspetto: a Gesù non può essere tolta la sua intima dignità. Resta presente in Lui il Dio nascosto (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo la salita al Calvario di Gesù
Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia e con le sue crudeltà che lo inquinano, viene a contatto con l’immensamente Puro – là Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito. Siccome nell’Uomo Gesù è presente il bene infinito, è ora presente ed efficace nella storia del mondo la forza antagonista di ogni forma di male, il bene è sempre infinitamente più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte in croce di Gesù
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del “buio di Dio”, assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma […] Il grido dell’estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per “molti” (Ibi).