Meditazioni 10 ottobre 2011
Ciò che rende ragione del nostro essere qui, e che dovrebbe segnare normalmente la vita di ciascuno, è proprio quell’indomabile e continua esigenza di essere investiti e colpiti dall’avvenimento di una presenza che realmente e incessantemente accalori e sfami d’Amore il nostro cuore. Questo nostro cuore incessantemente assetato non ha bisogno di un discorso per venire soddisfatto, ma dell’esperienza di una presenza reale capace di investirlo e corrisponderlo realmente e continuamente […] Ciò che rende ragione del nostro essere qui come del nostro essere insieme in cammino, è il desiderio di lasciarci colpire dall’amore sconvolgente di Cristo, che incessantemente ci chiama al Suo amore, a corrispondere al Suo amore, in una continua conoscenza di Lui come avvenimento che cammina con noi e che per questo chiede tutto il nostro coinvolgimento di libertà e ragione, per una vita che si lasci totalmente investire e quindi segnare, fin nel profondo dell’essere, dalla Sua presenza viva e risorta (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita…).
… Invocazione dello Spirito Santo
A Maria Santissima, che nel mese di ottobre veneriamo particolarmente come Regina del Santo Rosario, consegniamo tutte le nostre intenzioni. Alla sua materna protezione affidiamo ciascuno di noi, Nicolino, tutta la nostra Compagnia ed il Convegno ormai vicino. In particolare preghiamo per Rosalba, Paola, Concetta, Francesca, Luigi, Pasquale, Carlo e Bibi, perché la Madonna li accompagni e li sostenga in questo momento di sofferenza.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Il dramma del Monte degli ulivi consiste nel fatto che Gesù riporta la volontà naturale dell’uomo dall’opposizione alla sinergia e ristabilisce così l’uomo nella sua grandezza. Nell’umana volontà naturale di Gesù è, per così dire, presente in Gesù stesso tutta la resistenza della natura umana contro Dio. L’ostinazione di tutti noi, l’intera opposizione contro Dio è presente e Gesù, lottando, trascina la natura ricalcitrante in alto verso la sua vera essenza […] La preghiera: “Non la mia, ma la tua volontà” è veramente una preghiera del Figlio al Padre, nella quale l’umana volontà naturale è stata tratta totalmente dentro l’Io del Figlio, la cui essenza si esprime appunto nel “non io, ma tu” – nell’abbandono totale dell’Io al Tu di Dio Padre. Questo “Io”, però, ha accolto in sé l’opposizione dell’umanità e l’ha trasformata, così che ora nell’obbedienza del Figlio siamo presenti tutti noi, veniamo tutti tirati dentro la condizione di figli (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo la flagellazione di Gesù
La flagellazione era la punizione che, nel diritto penale romano, veniva inflitta come castigo concomitante la condanna a morte. In Giovanni essa appare invece come un atto posto durante l’interrogatorio – un provvedimento che il prefetto, in virtù del suo potere di polizia, era autorizzato a prendere. Era una punizione esageratamente barbara; il condannato veniva picchiato da più aguzzini finché questi si stancavano e la carne del delinquente pendeva giù in brandelli sanguinanti […] Il fatto che Simone il Cireneo debba portare per Gesù la traversa della croce e che Gesù muoia così presto viene forse con ragione collegato con la tortura della flagellazione, durante la quali altri delinquenti già morivano (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo la coronazione di spine di Gesù
I soldati si prendono gioco in modo crudele di Gesù. Sanno che Egli pretende di essere re. Ma ora si trova nelle loro mani, ed è loro piacere umiliarlo, dimostrare in Lui la loro forza, forse anche scaricare su di Lui, in modo sostitutivo, la loro rabbia contro i grandi. Rivestono Lui – uomo colpito e ferito in tutto il corpo – con i segni caricaturali della maestà imperiale: il mantello scarlatto, la corona di spine intrecciate e lo scettro di canna. Gli rendono omaggio: “Salve, re dei Giudei!”; il loro omaggio consiste in ceffoni con cui manifestano ancora una volta tutto il loro disprezzo nei suoi confronti […] In questa apparenza caricaturale Gesù viene condotto da Pilato, e Pilato lo presenta alla folla – all’umanità: Ecce homo – Ecco l’uomo! […] In Gesù appare l’essere umano come tale. In Lui si manifesta la miseria di tutti i colpiti e rovinati. Nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia così l’impotente. In Lui si rispecchia ciò che chiamiamo “peccato”: ciò che l’uomo diventa quando volge le spalle a Dio e prende autonomamente in mano il governo del mondo. Ma è vero anche l’altro aspetto: a Gesù non può essere tolta la sua intima dignità. Resta presente in Lui il Dio nascosto (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo la salita al Calvario di Gesù
Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia e con le sue crudeltà che lo inquinano, viene a contatto con l’immensamente Puro – là Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito. Siccome nell’Uomo Gesù è presente il bene infinito, è ora presente ed efficace nella storia del mondo la forza antagonista di ogni forma di male, il bene è sempre infinitamente più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte in croce di Gesù
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del “buio di Dio”, assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma […] Il grido dell’estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per “molti” (Ibi).