Meditazioni 1 marzo 2010
“Gesù solo” è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo – ha detto il Papa all’Angelus di ieri, riferendosi al Vangelo della trasfigurazione. “Gesù solo” è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo: è ciò che deve bastare nel cammino. È lui l’unica voce da ascoltare, l’unico da seguire, lui che salendo verso Gerusalemme donerà la vita e un giorno “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso (Benedetto XVI, Angelus 28.02.10).
Viviamo qualche istante di silenzio, prima di invocare insieme lo Spirito Santo.
… Invocazione allo Spirito Santo
Questa sera preghiamo particolarmente per i cristiani recentemente uccisi nella città di Mossul e per quanti sono vittime di violenze, persecuzioni e attentati in Iraq e in altre parti del mondo. Preghiamo per le popolazioni del Cile colpite dal terremoto e per gli abitanti della Francia colpiti dalla violenta tempesta che ha provocato morti, feriti e ingenti danni. Alla Madonna affidiamo particolarmente tutte queste persone, la nostra Compagnia, Nicolino e ciascuna delle intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Giunsero a un podere chiamato Getsemani ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Poi, andando un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14, 32-36).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Pilato diceva loro: “Che male ha fatto?”. Ma essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mc 15,14-15).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: “Salve, re dei Giudei!”. E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo (Mc 15, 16-20).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
Costrinsero a portare la croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo. Condussero Gesù al luogo del Golgota, che significa “Luogo del cranio”, e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese (Mc 15, 21-23).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. Uno corse ad inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il centurione che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15, 33-37.39).
Per sosternerci a vivere la Quaresima:
La Quaresima, che ci introduce e prepara alla Pasqua, è un tempo di grande Grazia che la Chiesa ci dona, votato particolarmente alla conversione e alla guarigione. Lo scorso anno, introducendoci alla Quaresima, Nicolino ci invitò a consegnarci totalmente e pienamente a questo tempo, aiutandoci proprio ad approfondire la Grazia che porta e può portare alla vita di ciascuno di noi. Questa specificazione (“porta e può portare”) indica da un lato la certezza della Grazia che, come nei Sacramenti, supera la nostra liberta e agisce ex opere operato, dall’altro indica comunque la necessità della mia apertura e disponibilità, del mio desiderio, della mia tensione, della mia sottomissione… Questa occasione favorevole e di Grazia, che la Quaresima è, ci apra “ad una continua tensione quotidiana, di istante in istante. In cui la vita si rivolga incessantemente alla Fonte vitale che solo la disseta sempre e la irriga per la sua fecondità. Questa ripresa continua è un rivolgersi incessante. E rivolgersi è più di un semplice voltarsi o di un generico girarsi dalla parte opposta. Indica il volgersi verso Colui che è la fonte e la soddisfazione continua della vita per attaccargli la vita. Indica un rivolgerla dalla parte di Cristo, perché sia appoggiata, attaccata, afferrata e affermata da Cristo, in cui solo si ritrova adeguatamente alimentata e feconda di frutti copiosi, tanto che altri ne possano godere” (Nicolino Pompei, Caritas Christi urget nos).
Perché questa tensione sia continua, di istante in istante, particolarmente nel periodo della Quaresima la Chiesa “ci ripropone tre pratiche penitenziali molto care alla tradizione biblica e cristiana – la preghiera, l’elemosina, il digiuno – per disporci a celebrare meglio la Pasqua e a fare così esperienza della potenza di Dio che, come ascolteremo nella Veglia pasquale, «sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace». Il digiuno rappresenta una pratica ascetica importante, un’arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali, aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d’origine, i cui effetti negativi investono l’intera personalità umana. Opportunamente esorta un antico inno liturgico quaresimale: «Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti». Cari fratelli e sorelle, a ben vedere il digiuno ha come sua ultima finalità di aiutare ciascuno di noi a fare di sé dono totale a Dio” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2008).
È questo il momento in cui lasciare come spazzatura tutto ciò che ci allontana e divide da Gesù. È questo il momento in cui lasciar convertire anche il modo in cui possiamo aver considerato e vissuto l’adesione alla nostra Compagnia: nessuno si arresti più al fenomeno aggregativo e partecipativo, e ciascuno aderisca al Cammino come luogo dell’Avvenimento, in cui si ripete e rinnova continuamente l’incontro con la Presenza di Cristo, perché ognuno di noi possa ritrovarsi in una sempre più profonda conoscenza di Lui, e sempre più segnato dall’amore di Lui e dall’amore a Lui. Ci accompagni in questa Quaresima la preghiera della colletta della I Domenica. “O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”.