Meditazioni 02 marzo 2015
Sentite cosa afferma una preghiera eucaristica della Liturgia della Chiesa: “Tu continui a chiamare i peccatori (cioè tutti noi) e manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella grazia del perdono. Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza e tu che fai? (Noi che faremmo? Se seguissimo la nostra misura o quella del mondo, cosa faremmo al posto di Dio?). Invece di abbandonarli stringi un ulteriore vincolo nuovo per mezzo di tuo Figlio Gesù, attraverso la Sua morte e la Sua resurrezione. Un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare”. Nemmeno il nostro peccato, il nostro tradimento, tutta la nostra riduzione e la nostra debolezza mortale sono capaci di spezzare questo vincolo: certo, a meno che non siamo noi a voltargli le spalle. Ma anche lì, questo vincolo d’amore non verrebbe mai meno, pronto sempre a riaccoglierci. È un amore, un vincolo d’amore irrevocabile. Continua la preghiera: “Anche a noi offri un tempo di riconciliazione e di pace (anche questo che stiamo vivendo adesso) perché affidandoci unicamente alla tua misericordia ritroviamo la via del ritorno a te e aprendoci all’azione dello Spirito Santo viviamo in Cristo la vita nuova…” (Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?, pag. 34).
In comunione con Papa Francesco, preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime cristiani e altre minoranze della Siria e dell’Iraq; preghiamo anche per il Venezuela che sta nuovamente vivendo momenti di acuta tensione: preghiamo per le vittime e perché si riprenda un cammino comune per il bene del Paese (cfr. Papa Francesco, Angelus del 01/03/2015). Affidiamo a Maria Santissima anche tutte le persone malate, in particolare Pietro, Alessandra, Giuseppe, Elvira, Matteo, Dorina, Stefania, Fernando, Benedetta, Isabella e Alberto. Preghiamo anche per tutti i nostri cari defunti, in particolare per la nonna di Laura Cavalieri per Duilio, per padre Belfatto, per Pasquale, per Yasha e per Gabriele. Affidiamo a Maria Santissima Nicolino e anche tutte le altre intenzioni che porta nel suo cuore. Apriamoci ora all’azione dello Spirito Santo perché possiamo vivere in Cristo la vita nuova.
O Dio, vieni a salvarmi!
Signore, vieni presto in mio aiuto!
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto
La Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, per le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia” (2Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2015).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
La carità di Dio rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo. Solo questi ha “parte” con lui e così può servire l’uomo (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quanto ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1Cor 12,26) (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Siamo saturi di notizie e di immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità di intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza? In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! In secondo luogo possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità. E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resitstere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. Enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro. Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Fac cor nostrum secundum tuum”: “Rendi il nostro cuore simile al tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza (Ibi).