Meditazioni 27 giugno 2016
“Lui [il Signore] sempre ci cerca, Lui è sempre vicino a noi. Ma tante volte, noi guardiamo dall’altra parte perché non abbiamo voglia di parlare con il Signore o di lasciarci incontrare da Lui. Incontrare il Signore, ma più importante è lasciarci incontrare dal Signore: questa è una Grazia. […] Chiediamo oggi questa Grazia” (Papa Francesco, 17 maggio 2013). Sì, proprio adesso, così come siamo, ciascuno di noi spalanchi il proprio cuore e domandi questa Grazia. Ci venga in soccorso la Madonna, la piena di Grazia, perché la sua compagnia ci sostenga e ci accompagni a vivere questo gesto, così come il cammino della nostra compagnia, per lasciarci radicalmente incontrare dal Signore e investire dall’opera continua della Sua Grazia. Chiediamo alla Madonna di essere sostenuti da lei a quell’apertura del cuore adeguata alla sua costitutiva esigenza, perché Cristo possa entrare e soddisfarlo di Lui, farlo ardere del Suo amore, attrarlo fino alla immedesimazione con il Suo Cuore. Perché la nostra vita risulti nel medesimo avvenimento che definisce e qualifica radicalmente quella di san Paolo: “Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio” (Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?).
Alla Madonna affidiamo per questo ciascuno di noi, Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. In particolare preghiamo per Adalgisa, Lorenzo e padre Maratta, che in questi giorni hanno compiuto il loro cammino terreno: preghiamo perché nella Sua Infinita Misericordia il Signore li accolga in Paradiso. Preghiamo per il nostro carissimo amico padre Frederick, che qualche giorno fa ha ricevuto il nuovo incarico della Conferenza Episcopale Ugandese di prendersi cura del laicato e dal 15 agosto inizierà questo nuovo ministero per il quale ci ha chiesto di pregare. In comunione con Papa Francesco ringraziamo il Signore per il dono del suo viaggio in Armenia e preghiamo perché nel popolo armeno e nel mondo intero quest’incontro porti i frutti che il Santo Padre desidera. A Maria Santissima affidiamo anche i ragazzi che stanno sostenendo gli esami di maturità.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
…Invocazione alllo Spirito Santo
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Solo se si è nella viva e dolorosa consapevolezza della propria drammatica condizione umana; solo se si sente dolore per la ferita della nostra debolezza mortale, della nostra incapacità a vivere e ad affrontare tutto, anche per quello che vediamo infliggersi in noi a causa del peccato, a causa dei nostri pretenziosi e perversi tentativi di affermazione di noi stessi, di misurazione di ciò che ci accade. Solo se sentiamo viva la ferita della nostra decadenza e dissoluzione, possiamo ritrovarci affamati, spalancati e sempre nell’urgenza di incontrare qualcuno che ci salvi (Nicolino Pompei, Ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Solo nell’apertura prodotta “da una spaventosa ferita”, dal dolore per il nostro peccato e la nostra miseria, possiamo cercare e invocare un amore infinitamente più grande della nostra debolezza mortale, una misericordia che ci abbracci e ci risollevi alla vita. Solo sentendo il dolore della nostra continua decadenza, spaccatura e divisione – non soltanto con noi stessi ma anche nei rapporti più prossimi – possiamo riconoscere che la redenzione può avvenire solo per l’opera di un Altro, Infinitamente Altro da noi. Totalmente Altro da questo nostro umano corrotto, decadente e finito. Possiamo sentire che la nostra riscossa e ricostruzione possono avvenire solo nell’avvenimento di un Totalmente Altro più grande della nostra distruzione, di tutta la nostra incapacità; possono venire solo da una eccedenza, da una eccedenza di amore assoluto: da una misericordia a noi impossibile, che solamente può essere capace di rialzare e ricostruire il nostro umano così ferito, così sfinito, e rigenerarlo all’esperienza di una libertà, di una novità, di una unità e di una beatitudine altrimenti impossibili (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Dio diventato Uomo è l’Avvenimento di questo Totalmente e Infinitamente Altro. L’Avvenimento di questa eccedenza d’amore assoluto, di questa misericordia che si è fatta compagnia di Uomo alla nostra umanità sfinita solo per incontrarla, redimerla e salvarla. Accadendo come Uomo nella storia nella presenza di Gesù, attraverso la sua morte e resurrezione, Dio “guadagna” per ogni uomo la salvezza, la possibilità per ogni uomo di risollevarsi dal pantano dentro cui normalmente affoga, di essere rianimato e ricostituito come uomo nuovo e introdotto nell’avvenimento di una vittoria sempre vincente sulle spaventose conseguenze della sua debolezza mortale (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Gesù non è venuto per i giusti, i sani, i presuntuosamente sani e giusti. Cristo è venuto per gli uomini che soffrono nella morsa della propria debolezza mortale, che soffrono la loro ferita umana, che soffrono la divisione e la frammentazione di se stessi e nel rapporto con l’altro, che soffrono l’incapacità di affrontare la realtà in tutti i suoi fattori, circostanze e rapporti; quella incapacità di corrispondere e soddisfare il loro desiderio di felicità. È venuto per quelli che soffrono l’assedio della loro debolezza e miseria: un persistente assedio che incide su tutto il procedere esistenziale in maniera drammatica. È venuto a cercare chi è perduto e chi soffre di essersi perduto. Chi è nella profonda amarezza, nella patologica delusione di veder fallito e incenerito tutto quello che ha avuto la pretesa di costruire e salvare con le proprie mani, con le proprie forze. Chi soffre nel vedere la facilità con cui cade e tradisce, la facilità a perpetuare il peccato. Ed è soltanto “quella apertura prodotta da una spaventosa ferita”, dalla dolorosa e consapevole “piaga” della nostra miseria, l’unico accesso possibile per lasciarsi abbracciare e investire dalla misericordia di Dio, per lasciarsi incontrare, afferrare e rialzare dalla misericordia di Dio fatta carne (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Dal profondo del mio cuore a te grido o Signore, ti prego ascolta la mia voce. Se consideri le colpe, o Signore, chi potrà sussistere. Ma sono certo, certissimo: presso di te è solo il perdono. O Signore, sono davanti a te senza niente da offrirti, se non la mia miseria. Sono a mani vuote, niente ti posso regalare se non la mia miseria, il mio peccato, l’amarezza e il dolore per il mio peccato, nell’assoluta certezza del tuo perdono. Con lo stesso cuore del buon ladrone, con la stessa confidenza supplice del buon ladrone, ti prego, Signore, attirami a te, attira tutto il mio cuore, attira tutto me stesso a te e al tuo amore. Di’ soltanto una parola ed io sarò salvato. Rivolgimi tutto il tuo sguardo e sollevami a te risollevandomi alla vita in te (Ibi).