Aperta “L’inchiesta” sulla morte di Gesù
“Ho letto il Vangelo sul set e la fede si toccava. La risurrezione del Messia, il mio film di Raiuno”
Non poteva che andare così. Per chi ha il bene di saper leggere i fantastici segni che ti manda il fato, non poteva che andare così. Giulio Base avrebbe fatto il cinema e Giulio Base si sarebbe occupato della fede in senso ampio. E’ troppo scomodare astri e trascendente? Per un appassionato come lui di mestiere e d’amore forse no. Meglio partire dall’oggi, alla vigilia della messa in onda su Raiuno della fiction L’Inchiesta Anno Domini XXXIII, prodotta dall’Italian International Film di Fulvio Lucisano e da Rai Fiction e affidata appunto alla regia di Giulio Base. Stellare il cast dello sceneggiato che vede assieme a Daniele Liotti, all’attrice spagnola Monica Cruz, a Ornella Muti, ad Anna Kanakis e a Enrico Lo Verso, la partecipazione di mostri sacri del cinema mondiale come Max von Sydov, il premio Oscar Murray Abraham, Dolph Lundgren (l’Ivan Drago di Rocky III), Hristo Shopov, che torna a interpretare Ponzio Pilato dopo La Passione di Cristo di Mel Gibson.
E’ il remake del famoso film del 1986 diretto da Damiano Damiani e interpretato da Keith Carradine, Harvey Keitel e Phyllis Logan. Infatti, come nel caso precedente, la sceneggiatura di Valerio Massimo Manfredi e di Andrea Porporati, trae spunto da un soggetto di Ennio Flaiano e di Suso Cecchi D’Amico, vale a dire un’inchiesta sulla resurrezione di Gesù ordinata dall’Imperatore Tiberio (Max von Sydov), che vuole appurare quanto ci sia di vero nelle voci che gli giungono dalla Giudea. Protagonista della vicenda è Tito Valerio Tauro (Daniele Liotti), valoroso tribuno romano che viene incaricato da Tiberio di indagare sulla presunta resurrezione di Cristo. Tauro si reca in Palestina accompagnato dal fedele Brixos (Dolph Lundgren), gigantesco schiavo germanico. E qui, in incognito, comincia la sua inchiesta che lo porterà ad incontrare tutte le persone che hanno avuto a che fare con Cristo. Immancabile la storia d’amore.
Base, perché ha detto che in questa fiction si sono incontrate due sue priorità di vita?
«I due temi principali: la mia passione per il cinema e la mia fede che ho perfezionato con gli studi in Teologia. Quando ho letto il copione del film che mi aveva mandato Lucisano, ho fatto un salto sulla sedia. L’idea di fondo era geniale, infatti portava la firma di Suso Cecchi D’Amico e di Ennio Flaiano. Si affrontava in forma di thriller l’evento centrale della storia dell’umanità, la vita e la morte di Gesù, temi con i quali anche un non credente deve fare i conti prima o poi. Una grande produzione che mi ha dato l’opportunità di apprezzare ancora di più Fulvio Lucisano che ho trovato sempre al mio fianco pronto ad esaudire tutti i miei desideri».
Per lei si è ritagliato la piccola parte di Lazzaro. Si crede Hitchcock?
«Ma figuriamoci. L’ho fatto perché mi onorava partecipare anche in questo modo e perché di più non avrei potuto tanto mi impegnava una regia così complessa. Abbiamo girato otto settimane in Tunisia e in Bulgaria, qui con la neve e temperature a meno venti gradi, scenografia suggestiva per una battaglia germanica tra centinaia di cavalli sul ghiaccio».
E dopo Raiuno?
«Con la versione da sala veniamo distribuiti in seicento copie a partire da Venerdì Santo in Spagna e dalla 20th Century Fox».
Lei arriva da un successo come “Pompei”, ha diretto una delle due fiction su Padre Pio ed è il regista di Don Matteo. Specializzato in santità?
«No, forse i miei studi specifici mi fanno apprezzare meglio determinati temi. Per esempio, giravamo L’inchiesta e la scena nella quale Pietro risuscita una donna. Molti pensavano si trattasse di un episodio romanzato, invece è citato negli Atti degli Apostoli. L’ho letto sul set, a tutti, a voce alta. E’ stato un momento molto toccante di raccoglimento. E’ lì che ci siamo resi conto di rappresentare uno dei temi più importanti per l’umanità».
Lei però nasce attore, come approda alla regia?
«Va detto che sono nato sognando di fare l’attore, a Torino, dove mio padre arrivò da emigrante. Manteneva tutta la famiglia vendendo pop-corn al cinema. Perciò io sono cresciuto con quelle suggestioni. A 15 anni ho debuttato al Teatro Nuovo di Torino con Massimo Scaglione e a 18 anni sono stato folgorato da Vittorio Gassman con il quale ho studiato alla Bottega di Firenze. Era il mio mito, potevo aspettare ore
fuori dal camerino per un autografo. Poi siamo diventati amici. E’ sempre stato un modello per classe, eleganza, generosità. Forse anche pensando a lui ma in un secondo momento, ho scoperto di essere più portato per la regia, infatti gli attori mi riconoscono la capacità di capire i loro bisogni. E non è cosa da poco».La passione di Cristo di Mel Gibson è il film che recentemente ha dato scandalo, ma la storia cinematografica è piena di produzioni su Gesù, anche meno controverse. Negli anni ‘20 ci pensò Cecil B. de Mille con la sua epopea. Poi per 35 anni dal 1927 al 1961 la sua rappresentazione fu solo marginale. Infatti è del ‘61 Il Re dei re di Nicholas Ray. In Italia negli Anni ‘60 ebbe grande successo Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, mentre Rossellini realizzò Il Messia nei primi Anni ‘70. Un filone che ha raggiunto l’apice con Gesù di Nazaret di Zeffirelli, fine Anni ‘70. Un discorso a parte per i movimenti musicali che portarono a Jesus Christ Superstar del ‘73.