Alcuni brevi tratti dell’intervento di Orazio Petrosillo al XV Convegno Fides Vita
(…) Mi ricordo il primo grande Convegno ecclesiale della Chiesa Italiana nel 1976 che aveva questo titolo: Evangelizzazione e promozione umana, dove la e, spero che si capisca nonostante il mio accento un pochettino pugliese, è una congiunzione. Qual è il grande messaggio di Wojtyla? Che non è una congiunzione, è un verbo; cioè l’evangelizzazione è la promozione umana, perché, se sei davvero in Cristo, se annunci Cristo con tutta la tua vita, tu promuovi davvero l’uomo, perché Lui sa quello che c’è nel cuore dell’uomo. Ecco il binomio wojtyliano: evangelizzazione è promozione umana e la promozione umana in Cristo è evangelizzazione. Se io difendo, informato da Cristo, un uomo calpestato nei suoi diritti faccio automaticamente evangelizzazione. Mi piace la vostra intuizione. Prima una ragazza mi spiegava che ci chiamate Fides Vita perché Cristo è la Risposta alla domanda di felicità dell’uomo e non c’è divisione, contrapposizione tra la fede e la vita. Secondo me questo è un messaggio fondamentale di Giovanni Paolo II: evangelizzazione è promozione umana, la promozione umana in Cristo è evangelizzazione.
Un altro aspetto importante è l’attenzione ad ogni singolo uomo. Quando Karol Wojtyla incontrava una persona, era tutto per quella persona, come se in quel momento al mondo esistesse solo quella persona. Io ho avuto la fortuna di seguire ottanta dei centoquattro viaggi internazionali del Papa. Ho visto il Papa parlare con la stessa capacità a un’assemblea di un milione, due milioni di persone, ma anche a piccoli gruppi, in sperdute isole, anche dell’Oceano Indiano. Era evidente l’attenzione ad ogni uomo.
Se vogliamo sintetizzare con una parolona, la triade antropologica di questo Pontificato, io la vedo in tre parole chiave: libertà, solidarietà e dignità dell’uomo.
(…) È incredibile come il Papa era capace di abbracciare, di entrare in sintonia fisica con ogni uomo che incontrava. Io dico sempre che Karol Wojtyla è in assoluto, almeno nella nostra generazione, il miglior testimonial del celibato dei sacerdoti. Perché dico questo? Perché era splendido nella sua ricchezza di umanità, era capace di abbracciare e baciare bambini, bambine, giovani, ragazze, vecchi anziani, con un equilibrio psicofisico sessuale, che è un inno alla bellezza dello scegliere la verginità, il celibato, non rinunciando a qualcosa, ma testimoniando di averlo fatto per un amore più grande; questa era la bellezza di Wojtyla. Non avevi mai l’idea che lui, nella sua vita, avesse rinunciato a qualcosa, ma lo vedevi appassionato di cose più grandi di lui. Come sarebbe bello vedere, scusate se parlo qui da laico – nei Sacerdoti, nelle suore, in chi ha scelto la verginità laicale, insomma in chi ha scelto la verginità per il regno di cieli, avere questa impressione: di una umanità sovrabbondante, come quella di Wojtyla. Innamorati di un amore più grande, di un amore totale. Non voglio perciò dire che la vita matrimoniale non sia un’altrettanta via di santità e di bellezza, per carità, ci mancherebbe, però, ecco, Karol Wojtyla era questo: un uomo pienamente uomo, un santo pienamente umano che testimoniava con la sua Sovrabbondanza di cui era espressione la sua vita, per un amore più grande.
(…) La Provvidenza ha voluto dare alla morte, alla malattia, al calvario di questo Papa uno straordinario messaggio che mi ha molto colpito. Vedete, la malattia di questo Papa è consistita in un cammino di purificazione che Dio alcune volte concede ai suoi amici preferiti. Il cammino di purificazione è consistito nel togliergli, progressivamente, tre cose, tre caratteristiche umane, tre doni di cui prima la Provvidenza stessa, il Signore stesso aveva dato in abbondanza a Karol Wojtyla. Io le ho sintetizzate con la triplice privazione delle “3 v”.
Primo: il camminatore instancabile, per le strade del mondo, era diventato praticamente invalido nelle gambe: ecco, il Signore gli ha tolto la vigoria, quella vigoria da atleta di Dio, da grande Papa, camminatore per 1.243.000 Km, 104 viaggi all’estero, 146 in Italia, ha percorso una distanza pari a 41 volte la circonferenza terrestre…Questo pellegrino instancabile è stato privato della sua vigoria e immobilizzato su una sedie a rotelle, per quanto camuffata, per quanto papale, ma sempre una sedia a rotelle.
Una seconda privazione, ancora più grave: questo uomo, Wojtyla, che da giovane è stato attore e che è stato sempre un grande comunicatore con il suo volto capace di esprimere gioia, sdegno, ira, supplica di altissima elevazione spirituale, ha perso il suo volto, che è diventato progressivamente una maschera. Ha perso la seconda “v”: il volto, la capacità di esprimere gioia, dolore, sorriso, accoglienza, attraverso il volto.
Terzo: il parlatore, l’evangelizzatore incessante di milioni di parole – soltanto di insegnamenti di Libreria Editrice Vaticana ha stampato 85.000 pagine di discorsi – il grande comunicatore ha avuto la privazione della parola. Noi lo abbiamo visto alla fine senza la vigoria, senza il volto, senza la voce. Eppure la gente voleva ascoltarlo.
E quindi il Signore, attraverso il suo servitore, ha voluto quasi darci questo messaggio misterioso, terribile, di purificazione (…).